Abbiamo raggiunto l'ideatore del progetto, Filippo Blengini, per avere qualche dettaglio in più sul dietro le quinte. Ecco le domande che gli abbiamo posto.
> 1- Da dove nasce l'idea e il progetto?
Il progetto nasce dal fatto che ho avuto il privilegio di vivere il Monte Bianco ogni giorno negli ultimi 4 anni in quanto seguo la Direzione Lavori del cantiere delle nuove funivie del Monte Bianco. Fondendo la mia passione per il mondo della fotografia e della tecnologia sono venuto a scoprire questo tipo di immagini che mette insieme numeri grandissimi di scatti per avere risoluzioni folli. In questa tecnologia ho ritrovato un qualcosa che mi permetteva di condividere le emozioni che questo posto magico è capace di offrire.
Il mio desiderio era creare qualcosa in cui lo spettatore si potesse perdere nel contemplare la natura, nel rimanerne affascinato e rapito alla ricerca di dettagli, di alpinisti o dei particolari che più lo colpiscono.
> 2- La scelta del punto da cui fotografare? L'attrezzatura (e il trasporto in quota..)
Il giusto punto di scatto non è stato banale da trovare. Molte immagine ad altissima risoluzione sono foto sferiche scattate da in cima ad un grattacielo con il soggetto principalmente in basso. Per questo progetto io volevo un qualcosa di differente, qualcosa di cui il visitatore si potesse sentire parte, essendo quasi accolto dentro l’immagine. Per questi motivi ho cercato un punto di scatto sostanzialmente centrato rispetto al soggetto.
Il concetto del nome in2white nasce dal fatto che ci si ritrova in mezzo al Bianco, in mezzo ai suoi ghiacciai e si è un tutt’uno con lui, io in primis nel momento degli scatti.
Il luogo di scatto ha richiesto qualche sacrificio in più perché non era subito a portata di mano dall’arrivo delle funivie.
L’avvicinamento in quota è stato reso possibile tramite le Funivie Monte Bianco, e nei prossimi mesi saranno aperte le Nuove Funivie Monte Bianco in cui ho lavorato negli ultimi anni,
ma la parte terminale è stata fatta zaino in spalla e ramponi ai piedi. Quindi tutta l’attrezzatura è stata scelta anche in funzione del fatto che non avevamo un luogo comodo in cui arrivare, aprire il bagagliaio e scaricare...
> 3- Immagino che il meteo abbia rappresentato una sfida, quanto è stato difficile mettere insieme foto scattate in giorni diversi?
Il meteo è stato il problema principale, soprattutto l’estate scorsa: tutti ricorderanno che ha fatto molti 'capricci'.
Alla prima finestra di bel tempo un po’ continuativo abbiamo dato il via agli scatti, ma ogni giorno smontavamo tutto e ritornavamo il giorno seguente.
Purtroppo dovevamo avere condizioni perfette per riuscire a mettere insieme gli scatti, ma la parte più difficile è stata gestire le ombre: a quelle quote avevamo poche ore di luce utilizzabile perché appena il sole scende, le ombre delle vette iniziano a correre veloci. Abbiamo quindi suddiviso i 360° in blocchi da 25° in funzione delle dimensioni delle memorie e dei tempi ed è stato pianificato l’ordine di sequenza in funzione della posizione del sole nell’arco delle giornate, e andando a cercare i lati su cui scattare dove non c’erano nuvole. Un esempio: un giorno sono arrivati imponenti nuvoloni dal lato italiano, che rovinavano lo scatto in quel settore, ma fortunatamente dal lato francese era tutto limpido. Lle sessioni di scatto sono state più volte interrotte da temporali o venti forti: per questo per realizzare le 35 ore di scatto necessarie ci son voluti più di 15 giorni.
4- Workflow di post produzione?
Il workflow è stato molto lungo… ci son voluti circa due mesi a mettere insieme i 70.000 scatti,
partendo dalle singole immagini e raggruppandole con dei software di “Stitching” in blocchi. Le dimensioni sono superiori ai limiti fisici diPhotoshop e pertanto tutto il progetto è stato assemblato su 14 file differenti (7 sopra e 7 sotto):
ogni file pesava più di 120 GB e maneggiarlo e controllare gli errori di stitching ha richiesto tempo e pazienza.
Una volta che i file sono stati definiti e perfezionati sono stati smontati in una piramide di quadratini da 256px per lato. Parlo di una piramide perché partendo dalla massima risoluzione ogni livello rappresenta la metà di quello precedente.
In questo modo ho ottenuto i 7.5 milioni di file che compongono la foto che potete ammirare online. Online la foto è gestita da un motore open source di nome OpenSeadragon che a seconda del livello di zoom e dell’area dello schermo carica le tessere corrispondenti.
> 5- Come vi hanno supportato i partner?
Battere un record vuol dire affrontare problemi che nessun altro prima ha affrontato.
La particolarità e la complicazione del luogo di scatto ha richiesto di inventarsi ogni tanto soluzioni ad hoc a seconda delle esigenze.
Nell’affrontare questa sfida abbiamo bussato alla porta delle principali aziende che producono la tecnologia necessaria per questa foto e trasmettendo la grande passione per questo progetto siamo riusciti a coinvolgerli nell’aiutarci fornendoci l’attrezzatura che meglio si addiceva al mio profilo (non sono un fotografo professionista, ma solo un grande appassionato) e nell’aiutarci a risolvere le difficoltà che abbiamo incontrato.
> 6- Altri progetti in mente?
Purtroppo si… il bello di raggiungere un record è che ti incentiva ancora di più a batterlo (e qui ci scappa un occhiolino): fortunatamente sono molto curioso e mia moglie Alessandra è uno stimolo fantastico per trasformare idee in progetti.
Idee ce ne sono tante, ma la realizzazione di progetti del genere richiede pianificazione attenta e sicuramente sulla base dell’esperienza fatta abbiamo imparato molto. Un'ultima cosa: si spera qualcosa in posti più caldi...