Il dinamismo è certamente una caratteristica che i Sony World Photography Awards hanno dimostrato di avere in questi 10 anni di vita, a scapito forse però di un'identità chiara e precisa. Dal 2007 a oggi il concorso organizzato dalla World Photography Organisation e sponsorizzato da Sony ha sempre cercato di intercettare i trend più importanti del mondo fotografico, modificando la propria essenza per riuscire a farsi interprete della realtà contemporanea. Abbiamo visto categorie nascere e morire nel corso di un'edizione e il premio finale oscillare tra la fotografia sociale, quella naturalistica e quella più concettuale. Ci troviamo spesso a commentare le scelte della giuria tra i giornalisti invitati alla premiazione nella cornice di Londra: anche quest'anno non sono mancati i dubbi in merito alle scelte dei giurati, accompagnati, come sempre, da grande apprezzamento per alcuni lavori che grazie al concorso della WPO hanno trovato la visibilità che meritavano.
Il caos delle città moderne tramite l'occhio di Dongni
L'Italia ha avuto meno riconoscimenti rispetto agli anni passati, ma forse era questi ultimi a essere ampiamente sopra la media e ci eravamo abituati troppo bene. La crescente importanza della fotografia dell'Estremo Oriente, in particolare della Cina è uno dei trend che sicuramente si sta affermando e in questo senso era stato profetico se non addirittura direttamente precursore il riconoscimento a RongRong&inri per l'Outstanding Contribution to Photography dell'anno scorso, premio che aveva avuto il merito di aprire in modo deciso lo sguardo verso l'Asia e i suoi artisti. Resta un punto critico quello delle categorie e dei loro confini. Questi due ultimi punti (l'importanza dell'Asia e i confini delle categorie a volte troppo labili) sono esemplificate dal premio della categoria Architettura, andato alla cinese Dongni. Il suo lavoro è di grande impatto visivo, ma sconfina decisamente nelle categorie Enhanced e Conceptual, rappresentando il caos delle città moderne tramite un processo di destrutturazione e ricomposizione di immagini, utilizzando il bianco e nero come linguaggio. Interessante vedere come al secondo posto di questa categoria si sia piazzato un fotografo francese, ma con un servizio che racconta l'ovest della Cina attraverso l'architettura. Al terzo posto spazio per un fotografo italiano, Diego Mayon, che tramite foto di architettura racconta la realtà dei bordelli in Grecia. Quest'anno più che mai la scelta dei giurati nella categoria architettura è andata nella direzione della descrizione del rapporto dell'uomo con l'ambiente che lo circonda, di come l'uomo modifichi l'ambiente e di come quello che lui ha costruito racconti qualcosa della sua essenza e della sua vita.
Il lavoro della fotografa svizzera Sabine Cattaneo
La categoria Conceptual ha visto trionfare un lavoro (molto interessante) della fotografa ticinese Sabine Cattaneo: anche in questo caso la categorizzazione è difficile, in quanto alla fotografia concettuale si unisce una buona dose di fotografia sociale intrecciata con un tema molto di attualità, quello dei suicidi assistiti. La Svizzera è meta per molti malati terminali o affetti da malattie degenerative di lungo corso per mettere fine alle proprie sofferenze e il progetto della fotografa ne racconta le storie e approfondisce il fenomeno (anche dal punto di vista legislativo) con delle fotografie in cui quello che spicca è l'assenza delle persone. È un lavoro che ha colpito molti di quelli che hanno visitato la mostra dei vincitori alla Somerset House di Londra e che per diversi giornalisti è stata in lizza per il premio finale al fotografo dell'anno. Al secondo posto un fotografo russo (altro paese in grande spolvero in questa edizione dei SWPA) che rifacendosi in parte al lavoro di Martin Parr (che proprio in questa edizione ha ritirato il suo premio Outstanding Contribution to Photography) ha cercato di raccontare il suo paese e i temi che l'attraversano. Al terzo posto un fotografo cinese, con un lavoro che forse è più classicamente incasellabile nella categoria Conceptual.
Nella categoria Storia contemporanea (Contemporary Issues) il premio è andato alla giovane fotografa di origini saudite Tasneem Alsultan che partendo dalla sua esperienza personale ha raccontato la difficile vita delle donne divorziate in Arabia Saudita. Tasneem Alsultan è nata negli Stati Uniti e ha studiato in Inghilterra, per poi tornare nel suo paese di origine, l’Arabia Saudita dove a 17 anni si è sposata (con un matrimonio combinato dalla famiglia secondo tradizione), a 21 era madre di due figlie e 27 ha divorziato. Questo suo percorso unito a quello lavorativo di fotografa di matrimoni (ne ha più di 170 all'attivo) hanno chiaramente messo in evidenza le storture del paese musulmano, dove le donne praticamente non hanno diritti e vivono tutta la vita sotto il controllo di un tutore legale di sesso maschile. Il suo progetto racconta di donne divorziate e madri singole e la difficoltà di vivere in un paese dove il divorzio per una donna non è socialmente accettato. L'unione di un tema sociale molto forte e di foto di grande impatto hanno valso alla fotografa il riconoscimento nella sua categoria e l'hanno vista eletta vincitrice morale del premio a detta di molti dei giornalisti presenti. Al secondo posto di questa categoria ritroviamo la Cina con il lavoro di Li Song sulla vita di un bambino cinese affetto dalla sindrome di Prader-Willi e al terzo il fotografo italiano Lorenzo Maccotta con un progetto che racconta il dietro le quinte, in Romania, del business dei servizi di webcam per adulti.
I due vincitori Tasneem Alsultan e Alessio Romenzi chiacchierano durante l'esposizione delle foto premiate alla Somerset House di Londra
Al primo gradino del podio della categoria Attualità (Current Affairs & News) troviamo un altro dei fotografi che a detta di molti avrebbe meritato il premio finale: Alessio Romenzi con il suo lavoro in prima linea sulla guerra in Libia. Il progetto nasce dalla vita di Romenzi al seguito delle truppe governative libiche in lotta contro i miliziani dell'ISIS, ma non è scevro da critiche, già solo a partire dal nome, che rende evidente la crudeltà con cui questa guerra è stata portata avanti. Il titolo del progetto è infatti "Noi non facciamo prigionieri". Nel titolo è raccolta una delle indicazioni date dai vertici alle truppe: uccidere tutti i miliziani dello Stato Islamico con cui si viene a contatto, evitando di prendere prigionieri. Sette mesi di guerra, cinque bombardamenti da parte dell'aeronautica statunitense, 700 soldati morti: questi i numeri della battaglia per la liberazione di Sirte, di cui Romenzi è stato testimone in prima linea.
Uno degli scatti di Alessio Romenzi in Libia
Il portfolio inviato alla giuria è molto ben bilanciato e alterna foto di momenti di grande concitazione (soldati feriti e l'ultima foto di un miliziano prima della sommaria esecuzione) a scatti che raccontano attimi di raccoglimento, calma o concentrazione prima, durante e dopo le principali battaglie. Romenzi sta seguendo attualmente anche la battaglia di Mosul in Iraq e il suo progetto avrebbe la perfetta chiusura del cerchio nel racconto della battaglia di Raqqa, roccaforte dell'Isis in Siria. Al secondo posto il lavoro del fotografo statunitense Joe Raedle sulle devastazione dell'uragano in Lousianana, mentre al terzo posto troviamo proprio la battaglia di Mosul vista dagli occhi del fotografo irlandese Ivor Prickett, che ha fermato il suo sguardo soprattutto sulla realtà dei profughi.
Labile il confine tra le categorie Contemporary Issue e Daily Life. In quest'ultima categoria, Attualità, ha vinto la fotografa tedesca Sandra Hoyn con il suo lavoro sulla condizione delle giovani prostitute del bordello Kandapara, in Bangladesh nel distretto di Tangail, uno dei più grandi del paese. Un dedalo di viuzze in cui 700 ragazze prestano il loro corpo a uomini di tutte le estrazioni sociali. Le ragazze vivono la loro vita all'interno delle mura che delimitano il distretto: alcune sono nate lì e altre sono vittime della tratta di essere umani e vivono alla mercé delle madame locali. Ufficialmente le prostitute dovrebbero avere almeno 18 anni per poter lavorare, ma la realtà dei fatti e che anche ragazzine di 12/14 anni sono costrette a prostituirsi in questo piccolo mondo, che vive di leggi e regole proprie. Il lavoro della fotografa tedesca è tra quelli che ha colpito molto nella serata di gala e tra le foto esposte: nonostante la difficoltà di essere una donna bianca all'interno di un mondo di schiavitù femminile, la Hoyn è riuscita a mettere insieme un portfolio di foto dal grande impatto emotivo che comunica la triste condizione delle ragazze-oggetto come uno schiaffo. La fotografa islandese Christina Simons ha guadagnato il secondo gradino del podio coi suoi scatti che hanno seguito la vita di due bambini-torero in Messico, che dall'età di cinque anni frequentano la scuola per diventare toreri professionisti. L'italiana Alice Cannara Malan racconta invece il rapporto coi e tra i suoi familiari.
Will Burrard-Lucas e il suo BeetleCam sono riusciti a fare questo ritratto notturno di una iena con la volta stellata come sfondo
Nella categoria Natura ha vinto uno dei lavori più interessanti dal punto di vista tecnico: il progetto fotografico ripreso dal fotografo britannico Will Burrard-Lucas nella riserva naturale Liuwa Plain National Park in Zambia si stacca infatti da quanto già visto in precedenza proprio per la ricerca tecnologia effettuata dal fotografo. A partire dal 2009 il fotografo ha infatti sviluppato un piccolo robot radiocomandato, BeetleCam, per muovere la sua fotocamera in punti altrimenti di difficile raggiungimento: unendo le caratteristiche di questo apparecchio alle capacità di scatto in notturna ad alti ISO delle recenti fotocamere digitali Burrard-Lucas ha ottenuto degli scatti di grande impatto visivo. Silhouette al chiaro di luna, primi piani con la volta celeste a fare da sfondo e anche una iena perfettamente centrata con un lampo temporalesco sullo sfondo sono alcuni degli scatti che maggiormente hanno colpito i giurati e quanti tra quelli hanno potuto visitare in anteprima l'esposizione degli scatti vincitori presso la Somerset House di Londra, dove le foto rimarranno esposte fino al 7 maggio 2017. Aveva invece un risvolto umoristico il lavoro sui panda della fotografa statunitense Ami Vitale, quel pizzico di divertimento che nel processo di selezione delle foto è in grado di far scoccare la scintilla dell'interesse nei giurati. Molto particolare nel suo genere è il progetto del fotografo messicano Christian Vizl: racconta infatti il mondo sottomarino, minacciato dall'inquinamento e dalla mano dell'uomo, utilizzando il bianco e nero e il viraggio in seppia, rendendo questo ambiente, che generalmente vediamo dominato dal blu brillante, quasi un mondo etereo e irreale.
Grande ricerca e forte impatto estetico per i ritratti del russo George Mayer
Nel ritratto il premio è andato, in modo decisamente meritato, al fotografo russo George Mayer: il suo gioco tra neri profondi e sprazzi di luce molto netti a illuminare parti del volto e del corpo creando un forte contrasto nasce da un approfondito studio della storia della fotografia ed è portato avanti con grande padronanza tecnica e con un risultato che certamente lo farà notare nel mondo delle copertine patinate. Il lavoro dell'argentina Romina Ressia, arrivato secondo, esplora in modo differente il concetto di bellezza, mentre sul terzo gradino del podio troviamo il lavoro di Ren shi Chen, che unisce alla fotografia di ritratto il tema sociale dei bambini cinesi temporaneamente orfani dei genitori, che li hanno lasciati al paese natale mentre essi si sono spostati in una delle grandi città della Cina in cerca di un lavoro.
Come spesso accade ai Sony World Photography Awards, la categoria Sport accoglie scatti che vanno al di là della semplice impresa sportiva. Il motivo è certamente dato dal fatto che nelle categorie dedicate ai professionisti non si presenta un solo scatto, ma progetti composti da più scatti e che quindi cercano di raccontare una storia e non solo di bloccare l'attimo di una prestazione sportiva. Yuan Peng si è aggiudicato il primo gradino del podio coi i suoi scatti che raccontano la vita di due gemelline che frequentano la scuola per atleti a Jining, nella provincia cinese di Shandong. Una vita fatta di esercizi, a volte al limite della crudeltà, del tutto finalizzata al risultato sportivo. Il sotto-mondo del body building nella Federazione Russa è invece al centro del lavoro del russo Eduard Korniyenko. Rientra maggiormente nei canoni delle fotografia sportiva che vediamo spesso sulle riviste e sulle copertine il lavoro che è valso il terzo posto al fotografo australiano Jason O'Brien: la raffica che riprende il 'tuffo' del tennista francese Gael Monfils agli Australian Open unisce in sé il congelamento del gesto atletico e una perfetta scelta dei parametri di scatto, con la figura del tennista che spicca sullo sfondo scuro e sul colorato terreno di gioco.
'Segni Indelebili', il lavoro del fotografo colombiano Henry Agudelo
Molto crudo il lavoro che ha vinto nella categoria Natura Morta (Still Life). Il fotografo colombiano Henry Agudelo getta luce sul fenomeno delle sparizioni in Colombia, paese in cui il difficile processo di pace tra le forze governative e le FARC continua a lasciare dietro di sé una scia di morti e di persone scomparse. Lavorando a fianco di uno dei medici forensi che cerca di dare un'identità ai corpi ritrovati il fotografo ha messo insieme un portfolio di pezzi di pelle che portano su di sé alcuni segni che potrebbero essere l'ultima speranza per i parenti per dare un nome ai cadaveri, spesso irriconoscibili o addirittura smembrati. I pezzi di pelle coi tatuaggi, trattati per la conservazione, a prima vista potrebbero essere scambiati per altro, ma avvicinarsi alle stampe rende evidente la vera natura degli scatti e con essa porta la consapevolezza di questo continuo fatto di cronaca all'osservatore con la potenza di un pugno allo stomaco. Di tutt'altro tono il lavoro del giapponese Shinya Masuda, che in maniera quasi concettuale giustappone immagini di cibo marcente a quelle del gioco di carte giapponese Hanafuda. Gioca invece con le ombre il terzo classificato, il danese Christoffer Askman.
Nella categoria Paesaggio al terzo posto troviamo un assiduo frequentatore dei Sony World Photography Awards, il tedesco Peter Franck: spesso alle prese con la fotografia concettuale e lo still life, Franck in questa edizione ha partecipato al concorso nella categoria Landscape, dove però ha continuato a contraddistinguersi per degli scatti che sconfinano nel 'conceptual'. Kurt Tong guadagna il secondo posto con un lavoro dai tratti a volte simili, in cui inserisce la figura umana all'interno dei paesaggi della Cina rurale. Al primo posto troviamo il fotografo belga Frederik Buyckx, che con il suo lavoro Whiteout ha guadagnato anche il titolo di fotografo dell'anno, quello che nelle prime edizioni del concorso era identificato con l'Iris D'Or. Il lavoro di Buyckx basa il suo potere comunicativo sulla solitudine e la desolazione dei toni del bianco dell'inverno di Scandinavia, Balcani e Asia Centrale, in aree remote dove l'arrivo della stagione fredda coincide con l'inizio della lotta dell'uomo per sopravvivere alle rigide condizioni meteo. Il fotografo ha intrapreso questo progetto come un personale ritorno alla natura dopo mesi di lavoro nel caos delle metropoli brasiliane. Il contatto con la natura è stato accompagnato da quello con gli abitanti delle zone ritratte nei suoi scatti, persone con cui il belga ha stretto un rapporto personale e che lo hanno guidato nel suo percorso di ricerca nel bianco dei paesaggi innevati.
Qui sotto invece tutte le foto degli italiani in finale: