Eliminare soggetti dalle foto è una pratica che era già possibile quando si scattava in pellicola, anche se - a quei tempi - era un'operazione accessibile solo ai maghi della camera oscura: oggi con Photoshop basta selezionare il timbro clone, sfruttare gli strumenti di riempimento in base al contesto e poi passare il cerotto sulle sbavature per avere un risultato che, se fatto bene, può scappare anche all'occhio più esperto. Addirittura anche le fotocamere dei cellulari scattando una breve raffica sono oggi in grado di eliminare oggetti o soggetti indesiderati dalle foto in modo totalmente automatico, con un solo click.
Nello spostamento della figura nella foto qualcosa è andato storto...
Foto (della foto) originale qui
Non era certo appartenente alla schiera del lavori 'fatti bene' il ritocco che uno dei collaboratori di Steve McCurry aveva operato su una foto delle strade di Cuba esposta alla Venaria Reale: un fotografo italiano, Paolo Viglione, aveva riscontrato infatti una maldestra 'photoshoppata' sulla foto citata. Utilizzando gli strumenti di Photoshop una delle persone ritratte era stata spostata di qualche centimetro forse ai fini di una composizione più equilibrata. Da lì si è scatenata una piccola crociata contro McCurry, che inizialmente ha semplicemente dato la colpa a una mossa maldestra e poco ragionata del suo collaboratore (poi licenziato), ma che in seguito ha dovuto ammettere, a fronte di diverse segnalazioni di foto evidentemente ritoccare, un utilizzo abbastanza pesante di Photoshop in alcuni dei suoi scatti.
Nel fotogiornalismo i ritocchi che vanno a modificare le immagini, con rimozioni o aggiunte, non sono ammessi e le linee editoriali dei giornali in questo sono molto chiare e non ammettono eccezioni. Ricordiamo ad esempio il caso di Narciso Contreras, licenziato da Associated Press dopo aver riscontrato una manipolazione in una delle sue foto. Su simile linea si muovo anche i concorsi: nel 2013 la rimozione di un semplice sacchetto di spazzatura da una foto era costata la vittoria del concorso fotografico del National Geographic a Harry Fisch. Dopo settimane in cui la vicenda ha continuato a tenere banco, McCurry ha deciso di chiarire la sua posizione in un'intervista concessa a Time.
"Ho sempre lasciato che fossero le mie immagini a parlare, ma ora capisco che la gente vuole che dica in che categoria mi ritrovo. Oggi direi che sono un narratore visuale". Visual Storyteller, è questo il termine utilizzato da McCurry per descriversi. "Gli anni in cui documentavo i conflitti sono lontani e sono sempre stato un freelance, ad eccezione per un breve lasso di tempo in cui ho lavorato per un giornale locale della Pennsylvania. Alcuni dei miei lavori sono sconfinati nel mondo della fine art e ora sono esposti in collezioni e musei. È praticamente impossibile darmi una classificazione precisa, ma è anche dovuto al fatto che la mia carriera si estende su un lasso di 40 anni e si è evoluta così come i mezzi espressivi sono cambiati".
La GIF di Kenneth Bachor per Time rende evidente la manipolazione sull'immagine per poterla utilizzare nel formato verticale della copertina
Il Time ha sentito anche il parere di Sarah Leen, direttrice della fotografia del National Geographic, che ha sottolineato come il controllo sulle immagini che vengono inviate alla rivista sia rigoroso e che i ritocchi non sono ammessi. Lo stesso McCurry, però, ricorda chiaramente una sua immagine utilizzata in una copertina della rivista nel 1984: in quel caso a una foto orizzontale fu aggiunta una porzione di acqua 'clonata' per poterla utilizzare nel formato verticale. McCurry aggiunge: "In molti direbbero che era sbagliato, ma penso che fosse invece del tutto appropriato, in quanto l'integrità e la veridicità della foto sono rimaste intatte. Quel ritocco ha permesso a un'immagine dal grande potere evocativo di non essere rigettata per la copertina". Sul tema della copertina ritoccata, che stride con i rigidi principi attuali della rivista la Leen ha replicato: "Erano altri tempi, ora non succederebbe mai". In quegli anni era già successo al National Geographic: nel 1982 utilizzando il computer (il sistema di manipolazione digitale non era Photoshop a quei tempi, ma Scitex), le piramidi egiziane di Giza furono avvicinate per fare sì che la foto orizzontale del fotografo Gordon Gahan potesse essere utilizzata per la copertina.
Nel 1982 le Piramidi di Giza riprese da Gordon Gahan, si avvicinarono 'magicamente' per poter entrare in copertina
"Pensavo di poter fare quello che volevo delle mie foto personali sotto il punto di vista estetico e della composizione" - ha continuato McCurry durante l'intervista - "ma mi rendo conto che possa risultare fuorviante per le persone che mi vedono ancora come un fotoreporter. In futuro mi impegnerò a utilizzare il programma in misura minima, anche per i miei lavori ripresi durante viaggi personali". In realtà McCurry ha perfettamente ragione quando pensa di poter fare quello che vuole delle sue foto, anche alterandole togliendo persone e particolari per aumentarne la potenza evocativa, ma come sottolinea Sarah Leen, l'importante è che la linea di confine tra fotografia editoriale e quella fine art e commerciale sia ben chiara. Se la linea comincia a diventare impercettibile si può generare confusione, mentre è importante che la fotografia di reportage resti oggettiva, senza manipolazioni e che la trasparenza in questo settore sia massima. Voi cosa ne pensate? Steve McCurry va messo all'angolo in punizione per i suoi fotoritocchi o il fine (fotografico) giustifica i mezzi (Photoshop)?