Capita spesso che il software di elaborazione non riesca comunque a gestire in maniera ottimale ciò che si propone all'esposimetro, una delle condizioni più comuni che può trarre in inganno è il controluce: dovendo fotografare un soggetto su sfondo chiaro, l'esposimetro darà maggior peso alle alte luci provocando una sottoesposizione del soggetto. Per far fronte a questo inconveniente il fotografo accorto saprà sovresporre volutamente di uno o due stop rendendo visibile il soggetto altrimenti troppo scuro.
Anche il caso di soggetto chiaro su sfondo scuro presenta lo stesso problema invertito; in questo caso, per non bruciare il soggetto, si sottoesporrà adeguatamente. Questo succede perché l’esposimetro tratta tutte le superfici riconducendole al 18% di riflettanza quando invece, un muro bianco riflette in realtà il 37% della luce che lo colpisce ed un cavallo nero ne riflette in realtà il 9%. Di quanto vada effettuata la compensazione dell'esposizione è una questione di fotocamera, obiettivo e situazione luminosa, sarà quindi l'esperienza e la confidenza con la vostra attrezzatura a guidarvi.
ISO 100: 1/1000 ad f-8, la dominante chiara del cielo ha ingannato l’esposimetro, la torre è quasi in silouette
ISO 100: 1/160 ad f-8, si è compensato fino a 2,5 stop per ottenere un esposizione corretta del primo piano
Notate come il cielo abbia perso la propria tonalità azzurra a causa della sovraesposizione;Avendo accennato alle modalità di misurazione dell'esposimetro, se ne esemplificheranno le tre più comuni:
- Valutativa: l'esposimetro legge tutta la superficie del mirino dando più importanza ad alcune zone di maggior interesse tonale; è l’impostazione predefinita su molte fotocamere, le modalità di scatto automatiche utilizzano questo tipo di lettura.
- Parziale media pesata al centro: l'esposimetro legge l'80% del mirino e ne fa una media dando maggior importanza al centro, dove solitamente si trova il soggetto; lo stesso sistema veniva usato sulle vecchie reflex a pellicola.
- Parziale spot: l'esposimetro legge limitatamente la parte centrale; molto utile nella caccia fotografica o negli eventi sportivi dove si vuole la certezza di esporre correttamente il soggetto subendo il meno possibile la luce del contorno.
L’ultima parola è conveniente lasciarla ad una accortezza che a molti sembrerà banale ma che in realtà non lo è, ovvero i tempi di scatto di sicurezza; non tutti i tempi di scatto a nostra disposizione permettono di ottenere foto nitide, prive di mosso o micromosso. Questo è dovuto al fatto che sia il fotografo, sia la meccanica della fotocamera, trasmettono delle vibrazioni alla macchina che vengono registrate sul sensore e che pregiudicano la qualità dello scatto. In generale si può affermare che il tempo minimo di sicurezza per evitare il micromosso è pari alla lunghezza focale dell’obbiettivo che si sta utilizzando; con i teleobbiettivi sarebbe bene dimezzare questo valore.
Esempio: se si scatta con un 50 mm, 1/60 di secondo è un tempo di sicurezza che con la pratica può scendere fino ad 1/30 e se si è bravi ad 1/15. Al di sotto di 1/15 di secondo è impensabile scattare a mano libera ed ottenere una foto nitida. Se si usa un teleobbiettivo ad esempio da 300 mm, utilizzare 1/300 di secondo potrebbe già non essere sufficiente; per buona pace della nitidezza è meglio affidarsi ad 1/600 o a tempi inferiori. In ogni caso, l’uso del cavalletto è certamente di aiuto anche se spesso è scomodo e riduce la liberta di movimento.
Tutto ciò fa capire la ricchezza tecnica e la sensibilità che sono racchiusi in uno scatto fotografico, due aspetti che il fotografo sa abbracciare contemporaneamente per ottenere il risultato voluto. Anche questa volta la parola d’ordine è sperimentare, sperimentare, sperimentare! Buon divertimento!