Guida alla fotografia - parte 4: profondità di campo e istogrammi

Guida alla fotografia - parte 4: profondità di campo e istogrammi

di Matteo Cervo , pubblicato il

“Nella quarta puntata della nostra guida fotografica tratteremo in modo esteso il concetto di profondità di campo, partendo da quello di circolo di confusione. La fine di questa puntanta si addentrerà poi nel concetto di istogramma, con alcuni consigli pratici su come utilizzare questo strumento”

La profondità di campo

Attraverso una formula che verrà riportata in appendice si può calcolare il più vicino punto nitido ed il più distante, che potrà spesso arrivare all’infinito; sempre in appendice si farà un breve approfondimento per chi è già pratico nell’uso dei diaframmi, per il momento vi basti sapere che piccoli valori f si traducono in una ridotta profondità di campo, mentre grandi valori f aumentano la profondità di campo. Gli obiettivi a focale fissa riportano incisa sul barilotto una scala graduata calibrata su 30 lp/mm che permette di valutare i metri di profondità di campo ad una data apertura. Gli obiettivi zoom, proprio a causa della variabile data dalla focale mobile non riportano questa scala, starà quindi al fotografo fare i dovuti conti: cliccando qui potete scaricare un utile programmino freeware che facilita enormemente il calcolo!

Una credenza comune è che obiettivi grandangolari abbiano una maggiore profondità di campo dei teleobiettivi, in realtà, a patto di inquadrare il soggetto in modo che occupi la stessa superficie di inquadratura la profondità di campo non varia; la variabile che permette questa compensazione è la distanza dal soggetto, passando da un grandangolo ad un tele, per poter inquadrare nella stessa maniera bisogna infatti allontanarsi dal soggetto.

Utilizzando un diaframma aperto si ottiene un foro del diametro equivalente pari alla lunghezza focale/valore f, maggiore è il diametro del foro equivalente, maggiore sarà la luce che potrà passare e di conseguenza, per esporre correttamente si userà un tempo breve; questo fa si che solo il piano di messa a fuoco sarà impressionato in modo nitido mentre gli altri piani non avranno il tempo di fissarsi sul sensore e definire tutti i propri dettagli, il che si traduce nella sfocatura.

Utilizzando un diaframma chiuso, il foro equivalente diminuisce il proprio diametro e fa passare meno luce, per esporre correttamente bisognerà usare tempi più lunghi; a questo punto sia il piano di messa a fuoco che i piani limitrofi avranno il tempo di impressionare il sensore arricchendolo dei dettagli che li caratterizzano, il campo di nitidezza aumenta, si dice che diventa più profondo.

L'uso consapevole della profondità di campo permette di includere od escludere uno o più elementi dall'inquadratura, pilotando l'attenzione dell'osservatore:


Etna-1, 1/250 @ f-7,1 ISO 100: fuoco sul primo piano


Etna-2, 1/250 @ f-7,1 ISO 100: fuoco sul secondo piano

Nelle due riprese dell'etna viene esemplificato come la stessa coppia tempo-diaframma possa concentrare l'attenzione dell'osservatore sulla texture del primo piano oppure renderla la cornice del secondo piano; questo si ottiene con una bassa profondità di campo ed attraverso la scelta dell'opportuno punto di messa a fuoco.Una buona linea guida è quella di utilizzare diaframmi aperti nella fotografia di ritratto e diaframmi chiusi in quella paesaggistica: la scelta è dettata dal fatto che nel ritratto si vuole concentrare l'attenzione sulla persona escludendo il contorno, lo sfondo.


1/ 80 @ f-8 ISO 100, 200 mm.: l'uso del teleobbiettivo e dei diaframmi centrali ha permesso di escludere il soggetto dallo sfondo;


1/60 @ f-22 ISO 400: la profondità di campo concessa dalla minima apertura rende leggibili sia le montagne in primo piano che quelle sullo sfondo;

Nella fotografia di paesaggio al contrario si vuole la massima nitidezza, più dettagli possibili, la maggiore profondità di campo che si ha a disposizione. Altri campi in cui è necessario valutare bene la profondità di campo sono sicuramente la macrofotografia e la fotografia naturalistica: nel primo caso le piccole distanze di messa a fuoco obbligano al corretto posizionamento della fotocamera rispetto al soggetto ed il rischio di ottenerne delle parti fuori fuoco deve far riflettere sull'utilizzo della massima apertura come una situazione critica da gestire con molta attenzione; nel secondo caso l'uso di teleobbiettivi molto spinti aumenta la percezione dello sfuocato e di conseguenza bisognerà cercare di diaframmare almeno da f-8 in su in maniera da ottenere tutte le parti del soggetto correttamente a fuoco.


Fuoco sul primo piano 1/250 f-5 - Fuoco sul secondo piano 1/250 f-5 - Fuoco tra il primo e il secondo piano 1/160 f-11