Eccoci arrivati all'ultima puntata del primo ciclo di guide fotografiche. Negli scorsi appuntamenti abbiamo affrontato diversi temi, pensati come introduzione al mondo della fotografia digitale. A questi indirizzi potete trovare la puntata introduttiva, quella relativa all'inquadratura, quella dedicata all'esposizione e, infine, l'articolo sulla profondità di campo e gli istogrammi. Nei prossimi cicli entreremo più nel dettaglio di concetti come la temperatura colore della luce, l'utilizzo del flash, le riprese notturne, la fotografia di cerimonia, il workflow di postproduzione, e via dicendo.
Oggi, utilizzando il percorso che la luce compie dall’obiettivo al sensore, si cercherà di fare chiarezza sui principali elementi che concorrono alla creazione dell’immagine nella fotocamera: problematiche delle lenti, tipologie di sensori e rapporti di moltiplicazione, elaborazione dei dati e conversione degli stessi. Come accennato nella prima guida, la luce arriva alla lente frontale dell'obiettivo praticamente con infiniti angoli di incidenza. Parte di questa luce viene persa per fenomeni di riflessione e rifrazione e buona parte, quasi la totalità se l'obiettivo è di buona fattura, entra nel corpo dello stesso, il barilotto. La lente frontale non è l'unica presente all'interno dell'obiettivo, infatti sono diverse le lenti raccolte in gruppi che permettono di ovviare alle aberrazioni indotte dalla prima lente e consentendo la costruzione di obiettivi di dimensioni contenute anche se di elevata lunghezza focale.
Le aberrazioni sono gli errori indotti nel percorso della luce da parte della lente per via dei fenomeni di rifrazione: la rifrazione è la capacità che ha un corpo attraversato dalla luce, in generale da qualsiasi onda elettromagnetica, di deviarne la direzione. Nel nostro caso il corpo è la lente ma pensate che anche strati d'aria a temperatura e percentuale d'umidità differenti possiedono indici di rifrazione differenti. La luce che colpisce la lente frontale dovrebbe raggiungere il sensore senza evidenti modificazioni, in realtà questo non succede a causa delle deformazioni geometriche e cromatiche.
Per semplicità si utilizzino tre lunghezze d'onda relative ai colori Rosso, Verde, Blu: i raggi paralleli tra loro che colpiscono la lente frontale, nell’attraversarla vengono deviati con angoli diversi; questo accade perché ogni componente colore possiede una specifica lunghezza d’onda che subisce una rifrazione di un determinato indice e di conseguenza, angolo.
Aberrazione cromatica
A livello fotografico tutto questo si traduce in soggetti dai bordi confusi; se sugli stessi bordi predomina una componente colore, in gergo si dice che la foto è affetta da color fringing. Lo stesso fenomeno è forse più noto con il nome di purple fringing poiché la componente rossa è più visibile e viene maggiormente accentuata dal rapporto di ingrandimento dell’obiettivo; nella pratica la causa che lo genera non è solamente la scarsa qualità dell’obiettivo, ma per determinati sensori, anche la presenza di microlenti sulla superficie degli stessi. Di conseguenza anche usando obiettivi di ottima fattura non si elimina del tutto la possibilità di incappare nel purple fringing anche perché il software della fotocamera fa la sua parte e può reagire in maniera diversa addirittura in scatti consecutivi.
Il color fringing è un’aberrazione cromatica, poiché funzione del colore ovvero lunghezza d’onda; può essere ridotto utilizzando gruppi di lenti poste a valle della lente frontale che compensino, attraverso i propri indici di rifrazione, la deflessione dovuta dalla prima lente. Si dice che l’obiettivo è composto da lenti acromatiche o da coppiette-triplette apocromatiche. Un altro sistema è quello di costruire lenti con materiali a bassissima dispersione come la fluorite, ma obiettivi di questo tipo sono estremamente costosi.
Compensazione dell'aberazione cromatica
Le aberrazioni geometriche sono di diversi tipi, prima fra tutte si potrebbe citare l’aberrazione sferica. Come tutti avrete potuto osservare, le lenti degli obbiettivi sono di tipo convesso e riproducono quindi una porzione di superficie sferica; tuttavia la sfera non è la forma ideale per costruire una lente anche se a livello tecnologico risulta più semplice. Proprio questa forma induce un'aberrazione geometrica che causa una distorsione dell'immagine sul piano focale; la soluzione è utilizzare delle lenti asferiche che risolvono proprio questo problema. Un'altra soluzione è costruire la lente in maniera ottimale al suo scopo, ma qui si dovrebbe aprire una parentesi sulla qualità degli obiettivi fissi e degli zoom scatenando un acceso dibattito. Affronteremo l'argomento in altra sede.
Aberrazione sferica
Nella guida sull'inquadratura si è parlato delle difficoltà nel riprendere i soggetti architettonici senza deformarli; questo è dovuto alla curvatura di campo legata ad un fenomeno chiamato astigmatismo dei fasci obliqui. Il problema nasce dal fatto che la porzione d'immagine che si trova fuori dall'asse dell'obiettivo/lente viene riportata sul piano focale come se fosse curvo. Tutti gli obiettivi ora prodotti sono anastigmatici, ma così come le altre aberrazioni è un fenomeno che può essere ridotto ma non eliminato completamente. Le due principali deformazioni che si osservano sono quelle dette a barilotto e a cuscino: negli obiettivi zoom la prima la si osserva soprattutto alla minima lunghezza focale mentre la seconda alla massima.
Sempre legato all'astigmatismo dei fasci obliqui, anche se in maniera diversa, è il fenomeno della vignettatura, che spesso deve la sua causa a ragioni più banali come la presenza di filtri montati in serie davanti all'obiettivo, o a paraluce non espressamente dedicati alla specifica ottica. La luce ai bordi della lente finale, e quindi del fotogramma, arriva in misura minore rispetto al resto dell'ottica e causa quel bordo scuro, la vignettatura appunto, che può essere eliminata in fase di postproduzione. Schemi ottici semplici soffrono meno la caduta di luce al bordo, che è sempre presente in maniera più o meno accentuata negli zoom tuttofare.