Parlando di sviluppo RAW sono due le strade maggiormente battute dai produttori: software di gestione del catalogo immagini abilitate allo sviluppo in camera chiara, oppure applicazioni dedicate a quello specifico compito, che demandano il compito di gestione dell'archivio ad altri programmi, magari della stessa suite. Il primo sentiero è quello seguito da programmi come Aperture e Adobe Lightroom, mentre la seconda strada, quella delle applicazioni dedicate principalmente allo sviluppo è quella seguita da molti dei produttori di fotocamere, che a volte scelgono poi prodotti di terze parti per la catalogazione delle immagini.
Per avere un'idea delle possibilità messe a disposizione da Aperture abbiamo provato a metterlo a confronto con alcune soluzioni concorrenti. In particolare abbiamo provato a gestire alcuni file RAW tramite il programma di casa Apple, con Adobe Lightroom, con Photoshop della stessa Adobe e con il software fornito dal produttore della fotocamera, in questo caso Digital Photo Professional di Canon, avendo a disposizione alcuni scatti di una Canon G11.
A differenza delle immagini in formato JPEG registrate dalla maggior parte delle fotocamere compatte, che rappresentano la versione sviluppata e compressa degli scatti, al pari delle foto che si ritirano dal laboratorio di sviluppo, i file RAW sono più vicini concettualmente ai negativi: i colori, la loro saturazione, vivacità e bilanciamento, nel file RAW questi sono ancora pienamente modificabili. Il file RAW, inoltre, permette anche alcuni gradi di libertà dal punto di vista dell'esposizione e della gestione di luce e contrasti, con l'accesso a dati che soprattutto nei file JPEG sono irrimediabilmente fissati e persi.
Qui sta la chiave di volta del successo dei programmi di elaborazione RAW e la sfida tra di essi si gioca sul campo del recupero di esposizioni errate (anche se non è lecito aspettarsi miracoli), di ombre e luci, di regolazione fine dei punti di bianco e di nero e del massimo contenimento del rumore. Abbiamo messo alla prova i diversi software con alcune foto, cercando di ottimizzare alcuni scatti buoni e di tirare fuori il massimo possibile da scatti difficili, con alto contrasto o scarsa luminosità. L'approccio che abbiamo tenuto è comunque quello della postoproduzione veloce, agendo su tutta l'immagine, senza addentrarci in lavori con pennelli e maschere di livello, strumenti molto utili, ma che allungano molto i tempi di elaborazione, soprattutto quando il catalogo da sviluppare conta centinaia di foto. Per mettere in evidenza le differenze di approccio tra i diversi software abbiamo volutamente forzato la mano, spingendo spesso i comandi a scorrimento oltre il limite.
Nel recupero delle alte luci bruciate aperture ha dimostrato un passo in più rispetto alla concorrenza, anche se chiedendo di contrappasso la comparsa di colori non corrispondenti del tutto a quelli reali, introducendo ad esempio una tonalità grigia uniforme in zone caratterizzate da texture leggere, come nel caso della colonna dietro le sedie nell'esempio qui sotto.
JPEG originale della macchina
|
Digital Photo Professional |
|
Adobe Photoshop |
Sempre in questo esempio si può notare quanto Aperture sia stato efficace nel recuperare a pieno il dettaglio della seconda sedia illuminata dal sole, soprattutto nella zona bruciata anche dal riflesso della colonna chiara. Discorso simile anche per quanto riguarda il fregio delle finestre ellittiche della casa in mattoni qui sotto. Adobe Photoshop e Lightroom hanno restituito un risultato molto simile, con un recupero delle parti che nel file JPEG risultano bruciate molto naturale e ricco di dettaglio. Aperture si inserisce nella lotta introducendo però una tonalità leggermente avorio, che però in questo caso non disturba la naturalità della foto.
L'olandese volante qui sotto è il caso in cui forse abbiamo calcato maggiormente la mano: partendo da uno scatto con esposizione abbastanza conservativa nella direzione delle alteluci abbiamo provato a recuperare al massimo le sfumature del cielo, provando ad aprire al massimo le ombre, abbastanza chiuse nel JPEG uscito dalla piccola Canon Powershot G11, ma ancora ricche di particolari nel file RAW.
Con Photoshop e Lightroom abbiamo aperto in maniera maggiore le ombre, ma nel primo caso abbiamo fatto emergere una grana fine, ma visibile, mentre nel secondo il tentativo di contenerla ha portato a una spiccata morbidezza dell'immagine. Come già visto, Aperture lavora molto nella direzione del recupero delle alte luci: anche in questo caso il livello di sfumature recuperabili dal file RAW è maggiore che negli altri casi, ma il prezzo da pagare sono colori al limite del reale.