L'estensione focale dell'obiettivo: da circa 27mm di focale equivalente a più di 405mm su corpo Nikon
Come dicevamo (e come spesso accade per il lunghi telezoom di terze parti) Tamron AF 18-270mm F/3,5 -6,3 Di II VC PZD è un'ottica che non fa della luminosità la sua caratteristica principale: alla focale minima abbiamo un'apertura massima di f/3.5, che passa a f/3.8 appena si comincia a muovere la ghiera dell zoom: a 35mm siamo già a f/4.5 e a 50mm a f/5. L'apertura f/5.6 parte da circa 70mm, mentre da circa 200mm in poi l'ottica è già al suo valore minimo di f/6.3.
La distorsione a barilotto alla focale minima
In linea con quanto offerto generalmente da questo tipo di ottiche anche il controllo della distorsione: la distorsione a barilotto è evidente alla focale minima e va a zero a circa 35mm di focale. La distorsione a cuscino è più evidente a focali intermedie, già a partire da 50mm. Minore è il fenomeno alla focale massima dove è più contenuta. Con righe verticali ai bordi dell'inquadratura la distorsione a cuscino è evidente anche agli occhi meno esperti e allenati.
18mm |
50mm |
200mm |
270mm |
La vignettatura a differenti focali e tutta apertura
La caduta di luce ai bordi a tutta apertura è molto evidente alla focale minima, scende al minimo attorno a 35-50mm di focale e poi torna a farsi sentire, senza però raggiungere il livello dei 18mm. Buono è il contenimento della vignettatura alla focale massima, che fa meglio delle focali intermedie. A livello di nitidezza il giudizio è abbastanza complesso: a fronte di una buona resa al centro anche a tutta apertura, soprattutto alla focale massima, tanto da poter utilizzare i 270mm a diaframma completamente aperto senza grossi patemi (se il soggetto è al centro dell'inquadratura), il calo di nitidezza spostandosi verso i bordi inizia molto in fretta.
Seppur vedendo ampliarsi l'area in cui le immagini risultano nitide chiudendo il diaframma, anche a diaframmi chiusi i bordi rimangono molto impastati. L'area di buona nitidezza ai diaframmi aperti è risicata, tanto da chiedere di adottare parecchia cautela nel riposizionamento delle inquadrature dopo la messa a fuoco: in molti casi posizionare un soggetto secondo la regola dei terzi lo fa cadere in un'area che già sconfina sotto la sufficienza dal punto di vista della nitidezza ed è molto inficiata dalla presenza di evidenti aberrazioni cromatiche.
Anche a diaframmi più chiusi spostandosi dal centro i difetti sono evidenti: un esempio a 270mm - f/9
La messa a fuoco (le volte in cui non la si sgancia per errore, come abbiamo descritto nella pagina precedente) è più veloce di quanto ci aspettassimo, forse abituati alle proposte con motori autofocus di tipo tradizionale, che non hanno mai brillato in questo frangente. L'unico frangente in cui potrebbe migliorare è quando l'ottica deve percorrere tutta l'escursione per mettere a fuoco, mentre per piccoli spostamenti il motore è veloce e silenzioso. Messo alla prova in situazioni difficili (ad esempio da un'auto in corsa) l'obiettivo è stato in grado portare a casa alcuni scatti che non ci saremmo aspettati.
Punta&scatta da un'auto in corsa
Lo stabilizzatore rileva tramite giroscopi il movimento dell'obiettivo e compensa muovendo uno dei gruppi che formano lo schema ottico. Ha una buona efficacia fino a 2 stop oltre il tempo di sicurezza, mentre il terzo stop comincia a far emergere i limiti del sistema, che in ogni caso offre un valido aiuto nel portare a casa una percentuale ben maggiore di scatti accettabili rispetto al non utilizzo.
L'obiettivo soffre di flare evidente nel caso di luce radente dai lati, mentre con il sole diretto nell'inquadratura ha dimostrato di gestire sufficientemente bene i riflessi. Il paraluce incluso nella confezione aiuta molto a ridurre l'incidenza della luce dai lati ed è sicuramente un compagno da portare sempre con sé.