Progetti in corso?
Tanti. Sto studiando regia per specializzarmi sempre di più nella direzione della fotografia, che è un'esperienza che ho già fatto con diverse produzioni. Amo molto il videoclip musicale essenzialmente: ora la mia esperienza è lì, però mi piacerebbe lavorare anche nel cinema, magari produrre anche qualcosa di mio come figura completa, filmaker, diciamo. Mi sono anche re-iscritta all'università, facoltà di psicologia, perché vorrei in un futuro poter dare un supporto terapeutico attraverso la fotografia a chi ne ha bisogno, la fotografia come arte-terapia. A livello professionale continuo a lavorare per riviste, giornali e quant'altro, anche online, producendo reportage su commissione ma non solo.
C'è però tutto un filone dove unisco la professione all'arte, e qui mi esprimo in chiave più creativa e più artistica, esponendo e facendo mostre. Attualmente sono due le mostre allestite in Svizzera, precisamente vicino a Lugano. Una a Savosa e una a Breganzona, nelle sedi della banca Raiffeisen che ha finanziato il progetto e mi ha chiesto questo lavoro. Un progetto si chiama What Women Want, incentrato sulla condizione della donna oggi, in cui espongo una serie di ritratti di manichini, ripresi in una certa maniera cercando di dare un ruolo sia soggetto, il manichino, che da oggetto diventa soggetto, dando peso simbolico alla questione di apparire e essere, donna-manichino, dove finisce la donna e inizia il manichino e viceversa. Un lavoro simbolico, una riflessione sulla condizione della donna. Ho tenuto conto del ruolo dello spettatore, il segno dello spettatore e quello del fotografo dovevano diventare la stessa cosa, ho lavorato attraverso le vetrine, in maniera tale che l'effetto nella stampa fosse quello di osservare il manichino attraverso il vetro, giocando di riflessi e mantenendo differenti caratteristiche all'interno dell'inquadratura.
L'altro progetto è Karma Birth, un lavoro molto più audace, personale e intimo. E' stata la prima volta che mi sono denudata, un nudo velato ovviamente, nulla di volgare. Un mettersi a nudo da punto di vista emotivo, estetico e fotografico, cercando di cogliere la possibilità che l'autoritratto ti dà, ovvero vivere contemporaneamente le tre fasi della fotografia: essere autore, spettatore e soggetto fotografato. Muoversi attraverso questi tre punti di vista è stato molto interessante, un vero e proprio percorso interiore, e simboleggia la nascita della donna. Partire da me per arrivare alle donne in generale, ricollegandomi al progetto What Women Want.
Ho poi pubblicato, da pochissimi giorni, il libro Women's FACT-ory, diario di viaggio dei due progetti che ho nominato. Una sorta di backstage, una guida attraverso la fruizione dei lavori. Come sono stati pensati, la tecnica utilizzata, l'autoritratto, come ho lavorato sul set, perché ho scelto alcuni oggetti che entrano nella scenografia, come ho unito tecnica ed emozione e via dicendo. Un processo molto intenso, ma anche complicato. L'immagine finale è quella più inquietante, ma che riassume tutto. Torno alla vita con un interrogativo pensante: cosa ci sarà dopo? Svelare le propri paure penso sia utile perché ci porta a un grado di consapevolezza diverso.
In giro si vedono molti autoritratti e il fatto di pubblicare un libro che possa aiutare la fruizione è nato dal bisogno di distinguere il fare una fotografia e scattare una fotografia, distinguere certi tipi di autoritratti, perché se tutti coloro che alzano la camera si fanno un autoritratto e son degli artisti, avremmo una marea di fotografi sul network da rimanerne schiacciati. Ci sono delle regole nell'arte, nel leggere le immagini e anche in fotografia. Quando ne sei consapevole e hai tutto questo tipo di conoscenza forse, ma forse, si riesce a toccare argomenti che siano un pochino più artistici e non soltanto più professionali e tecnici.