La corte di San Francisco
La sommossa popolare nei confronti di Instagram ha portato anche a una class action, depositata presso la corte di San Francisco, nei confronti di Facebook, che da qualche mese ha acquisito Instagram. Il portavoce di Facebook Andrew Noyes ha dichiarato che l'azienda californiana ritiene il reclamo privo di una base solida e ha annunciato che la società darà strenua battaglia contro di esso. Effettivamente a livello legale è difficile che gli utenti possano spuntarla, la clausola "We reserve the right to modify or terminate the Instagram service for any reason, without notice at any time" è presente nel termini d'uso fin dalla prima ora, per cui nel contratto che gli utenti hanno accettato era già prevista la possibilità di cambiare in corsa le condizioni generali da parte di Instagram.
Inserire nella licenza di utilizzo una clausola che preveda la possibilità di cambiare senza preavviso o motivo i termini di utilizzo è prassi, soprattutto per i servizi online, che si trovano a dover essere molto veloci nell'adeguarsi alle mutate condizioni del mercato e del sentimento degli utenti. Diverso è certamente il discorso se dall'ambito legale ci si sposta a quello della soddisfazione degli utenti: cambiare i termini d'uso senza o con poco preavviso può minare la fedeltà a un servizio ed è un'operazione che richiede grande delicatezza, cosa che Instagram pare non aver utilizzato in questo frangente.
Come vedremo nella prossima pagina uno degli obiettivi dell'accoppiata Facebook/Instagram è proprio quello di mettersi al riparo dalle class action, iniziative che ultimamente negli Stati Uniti molto spesso incontrano il favore dei giudici e dei tribunali. Nel nostro Paese il discorso è differente e analizzeremo in dettaglio anche questa tematica.