Durante gli eventi legati alla premiazione dei Sony World Photography Awards abbiamo avuto modo di incontrare anche alcuni dei finalisti: ad esempio Niccolò Rastrelli e Giorgio Barrera si sono classificati appena alle spalle di Myriam nella categoria Arte e Cultura con il loro lavoro sulle chiese costruite dopo il Concilio Vaticano II. L'idea dei due fotografi è quella di guardare alla chiesa come persone e non solo come edificio architetturale. Gli edifici di culto costruiti dopo il Concilio nascono con questa visione assumendo anche la caratteristica di luogo di incontro delle persone oltre che di culto divino. La visuale è quella del prete che guarda i fedeli, innovazione introdotta proprio con la riforma della liturgia operata dal Concilio Vaticano II.
Si tratta di un progetto che ha visto una prima parte di studio e di ricerca delle chiese e che poi ha visto la fase di scatto sul campo, con in alcuni casi anche un'opera di mediazione con il sacerdote per ottenere il permesso di scattare. Il lavoro fotografico è tuttora in corso e le foto sottoposte alla giuria dei SWPA 2013 sono solo una parte iniziale del progetto. Progetto che a detta dei due fotografi ha anche interessanti risvolti sociologici: le nuove chiese spesso si trovano in quartieri di recente costruzione, che spesso sono anche quelli con il più forte tasso di immigrazione: alcuni degli scatti documentano l'entità della presenza delle comunità straniere tra i credenti italiani.
Alice Fiori Pavesi si è invece contraddistinta nella categoria Fashion & Beauty: i suoi scatti avevano suscitato un certo dibattito tra i lettori di Fotografi Digitali ed è stato interessante sentire dalla diretta voce dell'interessata la genesi del suo progetto. Alice è una professionista che opera, tra gli altri, nel campo della moda, scattando con una reflex digitale di ultimissima generazione, ma per questo suo progetto ha scelto una sorta di ritorno alle origini, rispolverando la sua medio formato analogica e una Polaroid SX-70.
L'aura vintage delle sue immagini è dunque 'naturale' e non insegue in postproduzione il look&feel dei tempi che furono, come tante app al giorno d'oggi si vantano di fare. Interessanti i motivi di questa scelta: da un lato il ritorno all'analogico è una scelta per rallentare: l'infinita (o quasi) possibilità di scatto a costo zero del digitale porta a uno scatto quasi compulsivo, a volte meno ragionato. Tornare ai vecchi mezzi di ripresa permette di rallentare e di riguadagnare 'gusto' nello scattare.
Inoltre Alice è miope e generalmente non porta gli occhiali: la visione della realtà restituita da un mezzo di ripresa come la Polaroid SX-70 è molto più vicina a quella che lei sperimenta nel suo quotidiano, molto più vicina della visione iper dettagliata di cui sono capaci le moderne reflex digitali. Per un progetto personale e intimo Alice ha quindi scelto questo tipo di visione.