Il Carnevale di Schignano raccontato da uno che una volta odiava il Carnevale: partiamo proprio dall'inizio, l'incarico e il primo contatto con il paese.
Il Carvevale è sempre stata una festa poco coinvolgente per me, fin da bambino. Quasi dieci anni fa, all'inizio della mia carriera, fui però mandato dal Corriere di Como a Schignano. Volevano valutare se fossi in grado di coprire la cronaca per un quotidiano: fu il mio primo assignment. Ho così imboccato quella strada a tornanti che dal Lago di Como sale fino al paese, strada che non avrei mai immaginato potesse diventare così familiare per me.
L'esperienza del Carnevale di Schignano fu estremamente straniante e non capii esattamente cosa mi succedeva intorno. Una baraonda spaventosa. Ne rimasi affascinato, ripromettendomi di tornarci con più calma. Anni dopo stavo cercando un' idea per un progetto long term in Italia che fosse in linea con una ricerca personale iniziata con “S’ Ardia” il lavoro scattato in Sardegna. Sono personalmente molto interessato a quell'Italia arcaica che in alcuni luoghi resiste nonostante tutto. Ho approfondito il Carnevale e le sue simbologie e ho scoperto un mondo di tradizioni , uno stile di vita, una realtà che sembrava al primo impatto davvero impenetrabile.
Non il solito Carnevale, ma una tradizione profondamente radicata nella popolazione, anche nelle nuove generazioni; una tradizione che racconta la storia di emigrazione che ha sempre caratterizzato questo piccolo paese: facci il quadro generale di questa festa popolare.
Schignano è sempre stato un paese povero, sul confine con la Svizzera proprio all'imbocco del sentieri degli "spalloni" (i contrabbandieri del lago di Como). Il centro abitato è isolato e solitario, lontano dal Lago e dagli altri paesi della Valle d'Intelvi. E da sempre è anche un paese di emigrazione (uno degli abitanti morì addirittura nel naufragio del Titanic, e nel cimitero c'è una lapide a sua memoria). Insomma, da qui migravano tutti, restavano solo donne e bambini e gli uomini tornavano solo qualche mese all'anno, l'8 dicembre, e poi ripartivano la mattina dopo il martedì grasso.
Il Carnevale di Schignano quindi è anche una festa dell'addio. Per questo le maschere girano con le valige e il martedì grasso, a mezzanotte, con il fuoco del fantoccio che decreta la fine del Carnevale, si tirano fuori i fazzoletti e ci si asciugano le lacrime. Il carnevale si basa sul dualismo tra le due figure principali ; i Bei e i Brut, ma ci sono altri personaggi particolari come la Ciocia , il Carlisep, i Sapor ognuno con la propria maschera e il proprio travestimento, il proprio compito e significato. Più che una festa popolare è una vera e propria opera teatrale spontanea, anarchica, senza regole né leggi scritte, che sopravvive solamente grazie agli abitanti che la animano e agli artigiani che scolpiscono le maschere in legno. Una delle cose che mi ha colpito è come anche le nuove generazioni siano molto coinvolte in questa tradizione.
Avevo intitolato la nostra prima intervista: " Mattia Vacca: il mio segreto? Lavorare 'in punta di piedi'". Direi che anche in questo caso la fase di avvicinamento è stata fondamentale per la riuscita del lavoro fotografico. Qualche episodio in particolare da raccontare? Qual è ora il tuo rapporto con gli abitanti?
Anche questa volta sono entrato in punta di piedi , con il massimo rispetto, ma ora sono coinvolto ad un livello incredibile. Sono partito con il progetto a fine 2011 e ho avuto fortuna perché ho contattato subito la persona giusta, il mascheraio più rispettato in paese che mi ha introdotto agli altri.
Ho iniziato a scattare, entrando piano piano nella comunità, conquistandomi la loro fiducia dormendo, mangiando e soprattutto...bevendo con loro. Prima di cominciare a iniziare a frequentare Schignano ero praticamente astemio: ora questo appellativo non è più utilizzabile per descrivermi.
Frequentando in modo assiduo la comunità di Schighano si sono create amicizie profonde e nell'ultimo sabato del Carnevale ho ricevuto l'onore più grande: mi son vestito da 'Brut' e ho vissuto il carnevale da dietro la maschera di legno, proprio come uno del paese.