Olympus OM-D E-M5 II

Olympus OM-D E-M5 II

di Alberto De Bernardi , pubblicato il

“Olympus aggiorna la capostipite della famiglia OM-D, cambiando poco e bene. La E-M5 II è più funzionale, versatile, e si distingue per mirino e stabilizzatore. Innovativa la modalità High Res. ”

Dettagli tecnici e prestazioni

Il sensore della E-M5 II è un CMOS da 16.1 Mpixel effettivi. Non si tratta esattamente dello stesso sensore della prima serie (il numero di pixel complessivi è leggermente diverso), ma è stata anche in questo caso rispettata la formula dei 16 Mpixel effettivi che accomuna un po' tutte le MQT - E-M1 compresa. Produce immagini da 4608x3456 pixel di risoluzione, ovviamente in formato 4:3 e, come vuole il trend del momento, fa a meno del filtro ottico passa-basso.

È coadiuvato dal processore TruePic VII, di una generazione successiva rispetto al primo modello, ma la gamma ISO nativa non è stata incrementata: 200-25.600 ISO, con possibilità di lavorare in estensione a 100 ISO equivalenti.
Il sensore poggia su un sistema stabilizzazione flottante a 5 assi che è ormai un tratto distintivo della linea OM-D. Ulteriormente affinato, è accreditato di ben 5 stop secondo lo standard CIPA (erano 4 per la E-M1); in pratica, ciò significa che di fronte a soggetti fermi (ad esempio un paesaggio), è possibile ottenere scatti nitidi con tempi di posa di 1/4 sec! Incredibile ma vero, almeno con il 12-50mm. Il sistema flottante è anche ciò che consente alla E-M5 II di offrire la modalità "High Res", di cui parleremo in dettaglio nel paragrafo dedicato. 


La messa a fuoco è, purtroppo, solo a rilevazione di contrasto - la messa a fuoco ibrida Dual FAST AF è riservata alla E-M1. Troviamo però anche qui le stesse 81 zone della E-M1, che rappresentano un significativo passo avanti rispetto alle 35 della E-M5 prima serie.

L'assenza della rilevazione di fase non è un grosso limite in termini di prestazioni nello scatto singolo, che in effetti non si discostano significativamente da quelle della E-M1 (anzi, in uno dei test il risultato della E-M5 II è stato leggermente migliore). La messa a fuoco a punto singolo richiede nel caso peggiore 0,32 secondi, mentre in caso di prefocus circa 0,20 secondi. Nel caso di selezione automatica del punto AF, la forbice si riduce e i tempi di messa a fuoco passano, rispettivamente, 0,28 e 0,24 secondi (erano 0,22 e 0,17 per la E-M1). In questo sistema, l'assenza della rilevazione di fase impatta però sulla compatibilità con le ottiche del precedente sistema Quattro Terzi, che la E-M1 riesce a garantire alla perfezione.

In termini assoluti, la velocità di messa a fuoco della E-M5 è molto buona, ma non sufficiente a battere l'attuale leader, che rimane la Panasonic GH4.


Continuando a parlare di velocità, l'assenza della rilevazione di fase impatta probabilmente di più sulla velocità della raffica, che con AF attivato su ogni fotogramma è pari a 5 fps - un passo avanti rispetto al primo modello (4.2 fps), ma la E-M1 fa meglio (6.5 fps).
Con AF lock sul primo fotogramma, invece, la cadenza massima è pari a 10 fps (erano 9 per la E-M5). Abbiamo come sempre verificato questo dato, riscontrando dai 9,67 ai 10,11 fps in funzione del formato selezionato. In formato RAW+JPEG, la durata della raffica è di 9 scatti, dopo di che la cadenza si riduce a circa 1,85 fps e lo svuotamento del buffer richiede 7 secondi. Utilizzando il solo formato RAW gli scatti diventano 11, ma stranamente non aumentano molto passando al formato JPEG: solo 12, poi si passa a poco più di 4 fps a buffer saturo. In questo settore, la differenza con l'ammiraglia E-M1 è significativa.

Notevole, però, il tempo minimo di scatto di 1/8000 sec (1/16.000 sec con otturatore elettronico).
Del mirino elettronico abbiamo già detto nel paragrafo dedicato al corpo macchina. Concludiamo quindi la panoramica tecnica ricordando la tropicalizzazione del corpo macchina e la presenza del modulo Wi-Fi integrato.