Il formato dei monitor è nuovamente in evoluzione. Dopo il passaggio dallo Standard 4:3 al Wide, 16:9 o 16:10, alcuni costruttori hanno introdotto l'Ultra-Wide 21:9 e, concluso un periodo iniziale di scarsa disponibilità, oggi la scelta di modelli in questo particolare formato è ragionevolmente ampia.
Non si tratterà, probabilmente, di una rivoluzione analoga a quella che ha segnato il passaggio dal formato Standard 4:3 al Wide. In quel caso, infatti, il formato Wide è stato subito accettato dal pubblico in virtù di diversi fattori: maggiore corrispondenza alla visione umana, area di lavoro più ampia e più idonea a un modo di lavoro multitasking e multi-applicazione già consolidato e, non ultimo, ampia disponibilità di contenuti televisivi 16:9.
Il formato 21:9 è, viceversa, più specifico. In ambito office, chi lavora costantemente con due finestre aperte può certamente beneficiarne - si pensi ad esempio a lavori di traduzione o revisione, in cui originale e testo tradotto/corretto devono essere contemporaneamente fruibili. Sempre in ambito lavorativo, i settori tradizionalmente propensi al multi-monitor (analisi finanziaria) certo possono beneficiare del formato Ultra-Wide, così come, in linea di principio, chi utilizza applicazioni caratterizzate da ampie palette di strumenti (CAD/CAM). Chiaro, comunque, che si tratta in tutti i casi di applicazioni di nicchia, e che per il grande pubblico l'appetibilità del formato 21:9 resta saldamente ancorata all'intrattenimento: film e videogiochi.
Non a caso, il formato 21:9 è nato proprio con i televisori. Forse pochi lo ricordano, ma Philips ci provò già tra il 2008 e il 2009, producendo una gamma di TV "Cinemascope" che, però, non ebbe successo, penalizzata anche (se non soprattutto) dalla scarsa resa produttiva e quindi dagli elevati costi di pannelli di grandi dimensioni prodotti in quel formato. Ora, è il turno dei monitor. Avranno miglior fortuna?