Apertura f/1.4
L'elevata apertura massima è sempre una grande attrattiva per il fotografo. Sfortunatamente, costruire un grandangolare come il 24mm con apertura f/1.4 è una vera sfida per il produttore, tanto che un simile obiettivo è rimasto una chimera fino al 1997, quando Canon ha introdotto il suo EF 24mm f/1.4L USM.
Nel 2008 Leica ha presentato i suoi 1.4/24 e 1.4/21mm per il sistema M. Nikon, dal canto suo, ha prodotto il suo AF-S 24mm f/1.4G ED nel 2010, seguita da Samyang (2012) e, ora, da Sigma.
Rispetto alla classica apertura f/2.8, che viceversa si trova comunemente, i 2 f/stop di vantaggio di un'ottica f/1.4 consentono di scattare con 1/4 della luce disponibile e di giocare un poco di più con la profondità di campo, anche in presenza di una focale tanto ridotta.
A titolo di esempio, si consideri che su una Full Frame, con soggetto a distanza di 1 metro e f/1.4, la zona nitida si estende da 93cm a 108cm solamente. Passando a f/2.8, l'area nitida va invece da 87cm a 117cm.
Questo è l'obiettivo che ha inaugurato la serie dei 24mm f/1.4. Era il 1997.
Messa a fuoco e iperfocale
In generale, lavorando con diaframmi aperti, la messa a fuoco è un'operazione critica.
I grandangolari però vengono spesso utilizzati con diaframmi chiusi, per massimizzare la profondità di campo, così la messa a fuoco diventa meno importante.
Si consideri che, impostando una messa a fuoco a 2,5 metri con diaframma f/8 (distanza iperfocale pari a 2,42 metri), si otterrebbe una profondità di campo da circa 1,2 metri all'infinito (Full Frame). È quindi possibile pensare di utilizzare un 24mm senza, di fatto, dover mai effettuare la messa a fuoco.
Per questo, modelli privi di motore AF non sono, in questo caso, particolarmente penalizzanti.
Con un grandangolare come il 24mm è possibile lavorare "in iperfocale", ottenendo una scena nitida da poco più di un metro all'infinito. Volendo, con un diaframma f/1.4, è comunque possibile anche ridurre al minimo la profondità di campo. La prospettiva esasperata tipica di questa focale dona alle immagini di sempre un diverso punto di vista.
Aberrazioni
Le aberrazioni più critiche per un grandangolare sono quelle "geometriche", o "monocromatiche": aberrazione sferica, distorsione, coma. Quest'ultima aberrazione, cosiddetta perché si manifesta come la scia di una cometa prodotta in prossimità di punti luminosi a margine del fotogramma, risulta per sua natura particolarmente fastidiosa in astrofotografia; un cielo notturno stellato è un esempio di immagine "da 24mm" che risentirebbe di questo particolare difetto.
Ovviamente sempre presenti anche le aberrazioni cromatiche.
Vignettatura
La vignettatura, cioè la perdita di luce ai bordi del fotogramma, è un altro difetto inevitabile in presenza di obiettivi di elevata apertura che lavorano a ridosso dell'apertura massima.
Nella ritrattistica la vignettatura può essere un'opportunità per il fotografo, dato che contribuisce a "incorniciare" il soggetto al centro dell'immagine. Un 24mm, però, non è certo l'obiettivo ideale per il ritratto, dato le vistose distorsioni che contraddistinguono questa focale, pertanto la vignettatura è da considerarsi un puro e semplice difetto. Può essere facilmente ed efficacemente corretta (già in-camera, in presenza di obiettivi della stessa marca della fotocamera, altrimenti in post-produzione) ma, in assenza di correzioni, da un 24mm f/1.4 è naturale attendersi evidentissime perdite di luce ai bordi.