Negli ultimi tempi sono circolate petizioni, raccolte di firme e proteste di vario genere e grado su un tema dal nome abbastanza bizzarro, libertà di panorama. L'intuito non può molto di fronte a parole così belle ma molto vaghe, motivo per cui partiamo prima di tutto con la definizione messa a disposizione da Wikipedia, che per giunta è stata una delle realtà più attive nella sensibilizzazione al problema.
La libertà di panorama (in inglese freedom of panorama) è una limitazione del diritto d'autore che consente di scattare e riprodurre fotografie di edifici, opere e luoghi pubblici, senza infrangere il diritto d'autore di alcuno. La libertà di panorama è di norma soggetta a speciali regolamentazioni nelle leggi sul copyright locali, emanate con lo scopo di garantire una ragionevole libertà di fotografare in luoghi pubblici. Queste norme, in genere, consentono di scattare e pubblicare fotografie di edifici visibili al pubblico e scene non private da luoghi pubblici. L'estensione degli usi consentiti per tali fotografie è di solito ampia e dipende dalla particolare formulazione della legge o della clausola.
La libertà di panorama è di fatto un'eccezione alla regolamentazione del diritto d'autore, che permette di fotografare o filmare edifici, opere d'arte, statue e tutto quello che si può osservare in un luogo pubblico. Gironzolare in un paese in cui vige la libertà di panorama, insomma, può significare che possiamo fare una fotografia alla statua dell'artista X, che si trova ad esempio fissa e permanente in una piazza, e con quella foto farci quello che vogliamo, compreso venderla e quindi guadagnarci, senza il consenso dell'artista (che non è per forza morto 400 anni fa, può valere anche per un contemporaneo).
L'eccezione, che può essere recepita in toto o parzialmente a seconda dei singoli paesi, include una buona dose di buonsenso: sono milioni le fotocamere e gli smartphone puntati su scenari urbani e non impegnati nell'atto di fotografare una città e i suoi monumenti, nella quasi totalità dei casi senza l'intenzione di portarsi a casa materiale da vendere ma semplicemente un ricordo (anche in questo caso, spiegheremo dopo perché anche l'utente comune ha rischiato). In buona parte dell'Europa esiste libertà di panorama (no, in Italia no, ma ci arriviamo dopo), motivo per cui nei mesi scorsi l'europarlamentare Julia Reda, appartenente al partito pirata tedesco, ne ha proposto l'estensione a tutti gli stati membri, in nome di un pensare comune.
Dopo qualche tempo i membri della commissione giuridica hanno ribaltato la questione, dando di fatto ragione alla tesi dell'europarlamentare francese Jean-Marie Cavada, del partito Unione per la Democrazia Francese, convinto assertore del fatto che la libertà di panorama favorisca "monopoli americani come Facebook e Wikimedia". Un approccio più rigido, secondo Mr. Cavada, sarebbe a tutto vantaggio della protezione del settore della cultura e della creatività europea.
Ecco l'emendamento presentato. Si nota come Mr. Cavada abbia inserito la necessità di possedere sempre e comunque l'autorizzazione dell'artista, dei beni culturali o dell'organo sovraintendente quando si fotografa o si filma un'opera posta in modo permanente in un luogo pubblico.