L'annuncio della nuova tecnologia giunge dopo tre anni di lavoro intenso, al quale il dottorando Jiaju Ma e Eric Fossum hanno dedicato gran parte del loro tempo per giungere ad un proof of concept con ottimi presupposti di realizzabilità. Tre anni quindi a mettere le basi teoriche e pratiche a livello di programmazione, algoritmi e gestione del flusso dati generato da quello che sarà un sensore da circa un miliardo di pixel.
Non bisogna commettere l'errore di pensare ad un semplice rimpicciolimento della tecnologia attuale, facendo correre subito la mente a potenziali problemi di rumore nelle foto e cose simili. Mettere un miliardo di pixel al posto di milioni sulla stessa superficie ha una motivazione ben precisa, che è stata il punto di patenza di tutto lo studio: catturare il singolo fotone, e non le decine di migliaia di fotoni che il singolo fotodiodo "cattura" con le tecnologie attuali.
Lo scopo primario è ottenere sensibilità elevatissime e per certi versi insuperabili nel vero senso della parola: essendo il singolo fotone, di fatto, la più piccola unità di luce, qualora il progetto riuscisse nel suo intento sarebbe impossibile andare oltre. Ecco un passaggio del documento pubblicato dagli scienziati:
"Light consists of photons, little bullets of light that activate our neurons and make us see light. The photons go into the semiconductor and break the chemical bonds between the silicon atoms and when they break a bond, an electron is released. Almost every photon that comes in makes one electron free inside the silicon crystal... We were able to build a new kind of pixel with a sensitivity so high we could see one electron above all the background noise. These new pixels are able to sense and count a single electron for the first time without resorting to extreme measures.
We deliberately wanted to invent it in a way that is almost completely compatible with today's CMOS image sensor technology so it's easy for industry to adopt it."
Traduzione: "La luce è costituita da fotoni, come piccoli "proiettili di luce" che i nostri neuroni percepiscono appunto come luce. I fotoni raggiungono il semiconduttore e rompono i legami fra gli atomi di silicio, che rilasciano elettroni. Praticamente ogni fotone è in grado di "liberare" un elettrone dai cristalli di silicio. Siamo in grado di realizzare un nuovo tipo di "pixel" con una sensibilità così elevata da poter distinguere e registrare il singolo elettrone. Questi nuovi pixel sono in grado di captare e contare i singoli elettroni per la prima volta, senza la necessità di strutture più complesse.
"Abbiamo lavorato espressamente per rendere la nuova tecnologia completamente compatibile con l'utilizzo e la gestione degli attuali CMOS, in modo da rendere molto facile il passaggio a QIS da parte delle aziende attive nel settore".
Insomma, il sensore QIS (Quanta Image Sensor) sarà costituito da miliardi di pixel, che i ricercatori hanno battezzato jots proprio per far capire che sono diversi dai fotodiodi "normali". Ogni jot è in grado di registrare anche un solo elettrone, staccatosi dal silicio dopo essere stato raggiunto da un fotone. Questo non significa che ogni jots sarà in grado di registrare uno e un solo elettrone (anche perché, per quanto piccoli siano i jots, gli elettroni in quella superficie saranno sempre e comunque moltissimi), ma che la sua sensibilità sarà così elevata da registrarne anche uno solo.
Uno dei problemi pratici è la mole di informazioni da elaborare da parte della circuiteria che sta fra il sensore e la generazione dell'immagine: si parla di un possibile terabit di dati al secondo, nel peggiore o migliore dei casi, a seconda se si prende in considerazione il carico sul fronte storage o quello dei benefici in fatto di risoluzione e precisione dell'immagine, anche nel buio attualmente più "infotografabile".
Nella pratica questo di traduce in una sensibilità enormemente superiore a quella di qualsiasi sensore CMOS, ma al contempo i sensori QIS saranno sviluppati per sostituire i CMOS in maniera indolore per le aziende. Le prime applicazioni pratiche per i sensori QIS sono gli ambiti medici e industriali (già attive le collaborazioni con i colossi del settore) oltre alla microscopia, ma in un secondo tempo non è per nulla escluso l'utilizzo negli apparecchi fotografici di tutti i giorni.
Sarà rivoluzione? Presto per dirlo, poiché la tecnologia deve ancora arrivare a realizzare jots così piccoli ma gli studi sono molto promettenti. Quando? Certo non prima di una decina di anni, ma se guardiamo a cos'era il mondo della tecnologia 10 anni fa, nessuno può escludere che tutto sia più o meno possibile.