Praticamente ovunque si tentano nuove strade per il colore diretto, ma a compiere un passo determinante è il fotografo gallese Thomas Sutton, che costituisce il braccio mosso dalla mente vulcanica di James Clerk Maxwell, scienziato scozzese davvero brillante. Giunti a questo punto occorre aprire una parentesi e scomodare nientemeno che Isaac Newton, uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi che visse un bel po' di tempo prima dei nostri personaggi (nacque nel 1642 e morì nel 1727).
Fra le innumerevoli scoperte effettuate da Newton, e non certo fra le più famose, vi furono quelle legate all'ottica. Newton studiò la luce bianca che, nell'attraversare un prisma di vetro, si scompone nei colori che tutti conosciamo. Si accorse però anche del contrario, ovvero che reindirizzando i fasci di colore verso un prisma, la luce tornava ad essere bianca. Nella testa di Newton si accende l'ennesima lampadina e ribaltò la teoria di Hooke in voga all'epoca, che indicava come responsabili dei colori i coefficienti di rifrazione dei materiali su cui la luce cadeva (malposta più che sbagliata, ma andiamo oltre). Newton ebbe la geniale intuizione che il colore non è una qualità propria dei corpi, ma luce stessa, ponendo solide basi alla teoria corpuscolare della luce. Ma, ed è quello che interessa a noi, la luce del sole può essere scomposta utilizzando normali prismi, nei sette colori dello spettro che la compongono. E anche il contrario. Ovvero partire da pochi colori per formarli tutti.
Nei primissimi anni del 1800 Thomas Young porta la conoscenza più avanti, avanzando la teoria secondo cui la percezione del colore da parte degli esseri umani è dovuta alla presenza nella retina di tre tipi differenti di cellule nervose non meglio definite, ognuno dei quali è sensibile a determinate lunghezze d'onda e di conseguenza colori. Insomma, vediamo molti colori ma partiamo fondamentalmente da tre, opportunamente mischiati, sottratti o altro ancora che non era chiaro. Nasce il concetto di tricromia partendo dalla percezione umana. E scusate se è poco.
James Clerk Maxwell, studiando attentamente i propri precedessori, prova ad affrontare la fotografia a colori a modo suo. Chiama Thomas Sutton, fotografo dell'epoca nonché mezzo scienziato pazzo come lui, e gli propone di fare un esperimento.
Il soggetto è un semplice fiocco colorato. Sutton è chiamato a scattare tre differenti fotografie al fiocco, ogni volta però con un filtro di colore diverso davanti alla lente. I colori scelti non sono quelli della tricromia attuale ma rosso, verde e violetto. Il risultato di ciascuno scatto viene impresso su vetro. A questo punto Maxwell prende tre proiettori, di fronte ai quali pone due elementi: le lastre di vetro e il filtro colorato corrispondente. Fa convergere le immagini verso uno schermo in modo che siano sovrapposte ed ecco formarsi l'immagine a colori. Non siamo ancora in presenza di una fotografia a colori, essendo una proiezione, ma di base è la conferma che il principio additivo del colore funziona, che Newton aveva ragione e che la strada è quella giusta.