Nota preliminare su surriscaldamento e autonomia: Al termine delle prove si segnala che la fotocamera Gear 360, in un due test di registrazione video prolungati (con singole sequenze superiori ai 10 minuti) svolti in interna, ha manifestato un problema di surriscaldamento che ha determinato l’interruzione della registrazione dopo circa 13 minuti. Le temperature stagionali particolarmente elevate non hanno certamente contribuito ad evitare l'insorgere del fenomeno. LG, al contrario, non è andata incontro al problema citato in nessun frangente – il limite massimo di durata della singola sequenza nel caso della fotocamera di LG, in ogni caso, è pari a 20 minuti.
Sul fronte dell’autonomia, e le considerazioni valgono anche nel caso del test fotografico, la Gear 360 ha dimostrato di avere qualcosa in più da spendere rispetto alla proposta di LG. I dati dichiarati dai due produttori in ogni caso non appaiono troppo distanti da quelli rilevati sul campo. Mediamente, un valore poco superiore all’ora di registrazione video è verosimile in entrambe i casi, a patto di non abusare eccessivamente con l’accensione e la riaccensione della videocamera.
Si consiglia a tal proposito di familiarizzare sin da subito con la modalità “sleep” della LG CAM 360 che, pur contenendo le richieste energetiche, continua ugualmente a consumare batteria (in linea teorica dovrebbe rendere più rapida la riconnessione allo smartphone, ma non sempre è così, come detto in precedenza). Visto che la differenza tra lo spegnimento totale e la modalità sleep è determinato dal numero di secondi durante i quali viene tenuto premuto il tasto di accensione (1 secondo per la modalità Sleep e 4 o più secondi per lo spegnimento), è bene essere consapevoli di quale modalità si attiva per non avere sorprese sul fronte dell’autonomia residua.
Entrando più nel dettaglio delle prestazioni pure, è possibile ricavare utili spunti di riflessione analizzando i risultati acquisiti nel corso delle nostre prove su strada. Partiamo dal test di registrazione video, realizzato posizionando entrambe le fotocamera all’interno dell’autovettura con appositi supporti. Si premette che nessuna delle due videocamere è dotata di un sistema di stabilizzazione ottica delle riprese. Filmati più o meno stabili dipendono, quindi, da eventuali strumenti di stabilizzazione esterni impiegati per acquisire i video.
In termini di qualità pura è subito possibile mettere in evidenza due dati: da un lato l’evidente maggiore risoluzione della Gear 360 che, come detto, può acquisire video in 4k. LG 360 Cam, invece, si arresta ai 2k. Premettendo che Google stessa consiglia di utilizzare filmati con risoluzione 4k e formato 16:9 per ottenere i risultati migliori nella riproduzione dei video a 360 di YouTube, è piuttosto palese che la più elevata risoluzione si traduce in maggiore nitidezza delle riprese della videocamera ed in una superiore quantità di dettagli della scena (si vedano, ad esempio, quelli dell’abitacolo della vettura come la texture del sedile in pelle).
Il secondo dato, altrettanto evidente, è il diverso approccio alla gestione dell’immagine. Il video della LG 360 Cam presenta colori più saturi, contrasto più marcato e tendenza a gestire in maniera più convincente le situazioni di controluce contenendo le zone sovraesposte. Sull’altro fronte si colloca la Gear 360 di Samsung che propone una resa cromatica meno satura e tendenza a sovraesporre maggiormente le parti più luminose del fotogramma.
Le sequenze che mostrano l'ingresso e l'uscita dalle gallerie sono utili per valutare la reattività nel cambio di esposizione e di regolazione del punto di bianco. La capacità di adattamento alle mutate condizioni di luminosità non delude in entrambe i casi. Si evidenziano approcci un po’ differenti alla gestione del bilanciamento del bianco: LG, tendenzialmente, lo sposta verso tonalità più calde, mentre Samsung verso quelle più fredde.
Un altro elemento da valutare in presenza di videocamere in grado di acquisire video a 360 gradi riguarda l’efficienza degli algoritmi software che, di fatto, fondono due flussi video dando vita al filmato a 360 gradi. Da questo punto di vista l’analisi del punto di unione tra i due flussi diventa importante per valutare quanto le due aziende hanno lavorato bene a livello software. La Gear 360 di Samsung gestisce meglio il punto di contatto, riducendo al minimo gli inevitabili artefatti derivanti dalla fusione.
LG fa peggio: la 360 Cam evidenzia in maniera più marcata il punto di contatto che si traduce in un’area sfocata dalle dimensioni abbastanza percepibili in sede di visione. Il risultato è in parte legato al software e in parte all’ottica. Per quanto riguarda gli affinamenti degli algoritmi che generano il file a 360 gradi – operazione che viene svolta dalle rispettive companion app – non è da escludere che successivi aggiornamenti migliorino la situazione, ma, per il momento, il lavoro di Samsung convince maggiormente.
Nella seconda sessione di test di registrazione video è stata mantenuta inalterata la traccia audio originale ed è emersa con maggiore evidenza l’efficacia del sistema audio di LG 360 che prevede l’integrazione di tre microfoni (due nel caso della Gear 360). Ciò si traduce in una maggiore capacità di tenere lontani i rumori indesiderati, come il soffio del vento, che, sommandosi alla possibilità di acquisire tracce audio in modalità 5.1, contribuisce a tratteggiare una prestazione complessivamente migliore rispetto a quella della Gear 360. L’audio della videocamera di Samsung, a parità di punto di ripresa, è caratterizzata dalla maggior presenza di disturbi e da un’inferiore capacità di riprodurre i suoni ambientali più lontani.
La seconda prova di registrazione video riconferma alcuni aspetti già emersi in precedenza, evidenziando uno dei punti deboli delle attuali videocamere a 360 gradi, ovvero il punto di unione dei due flussi video caratterizzato artefatti più o meno visibili.. Alle considerazioni effettuate in precedenza sul punto di fusione, che anche nella seconda prova risulta migliore con la cam di Samsung, si sommano quelle relative alla gestione dell’esposizione.
In presenza di uno scenario caratterizzato da zone illuminate in maniera disomogena, gli algoritmi software non prevedono un intervento per "equalizzare" l’esposizione che resta differente nelle due metà della scena. In termini pratici, passando dall’una all’altra metà si può percepire uno stacco più netto. Ad esempio, nella riproduzione del cielo con la metà catturata dall'obiettivo in controluce più chiara e quella che riprende la scena con il sole alle spalle più satura.