È appena nata, ma sta già facendo parlare molto di sé. È la Hasselblad X1D. Non è difficile intuirne il motivo: il marchio che ha mandato una sua fotocamera sulla luna inaugura un nuovo corso, alla cui base si trova un corpo macchina mirrorless. Un nuovo corso raccontato da parole-chiave come "portabilità", "leggerezza" e "comfort"; un nuovo prodotto con interfaccia ispirata a quella di uno smartphone, ma al cui interno si trova un sensore 44x33mm (43.8x32.9mm) da 50 Mpixel.
Rimandiamo a questa news per i dettagli tecnici. Ciò che vogliamo raccontare qui sono le nostre prime impressioni d'uso, supportate dai primi scatti.
Il CEO Hasselblad, Perry Oosting, durante la presentazione.
Doveroso sottolineare come le macchine fossero ancora dotate di un firmware piuttosto acerbo, pertanto non ci soffermeremo su alcuni inevitabili bug riscontrati, ma parleremo in generale della nostra esperienza d'uso; anche la qualità delle immagini è, come sempre, destinata a migliorare negli esemplari definitivi.
La prima cosa che abbiamo notato è, ovviamente, l'estrema compattezza del corpo macchina e il suo design pulito e iconico, con chiari rimandi al sistema V (la cornice quadrata intorno all'obiettivo). Lo spessore, in particolare, è estremamente ridotto, anche se osservando meglio i due obiettivi in prova si capisce meglio come Hasselblad sia riuscita a ottenere un tiraggio tanto ridotto: le lenti posteriori sono molto incassate - in pratica, sono gli obiettivi a regalare al corpo macchina qualche millimetro extra.
A obiettivo rimosso si apprezza l'ampia area del sensore, che fa, oggettivamente, un certo effetto. Si tratta, come già noto, dello stesso sensore utilizzato da altri famosi prodotti quali il dorso 50c della stessa Hasselblad, la Pentax 645Z e il dorso IQ3 50 di Phase One.
L'impugnatura è ampia ed efficace - questa è un'area in cui il costruttore non ha voluto miniaturizzare - e i comandi fotografici razionali e ben disposti. Il dorso, oltre a 6 piccoli pulsanti accanto al display per la revisione e l'accesso ai menu di impostazione, conta solo due pulsanti fisici (AE-L e AF-D) e una ghiera di comando. Altri due pulsanti si trovano sul top (AF/MF e ISO/WB), accanto a una peculiare ghiera dei programmi "a scomparsa" con meccanismo push-pull, che una volta incassata la ghiera funge anche da blocco di sicurezza. Chiudono l'elenco il pulsante di scatto e quello di accensione.
Il menu, ampiamente personalizzabile, ricorda da vicino quello della H6D. La schermata principale viene costruita dall'utente mattone dopo mattone, inserendo le funzioni desiderate. Ogni funzione richiama al tocco del display touchscreen una sottofinestra con i parametri disponibili, selezionabili ancora con un tocco o tramite ghiera. Abbiamo sperimentato qualche blocco o rallentamento perfettamente giustificabile in un prodotto preliminare, ma abbiamo anche intravisto un'eccellente potenziale in questa interfaccia, la cui logica ricorda molto da vicino uno smartphone - scroll, doppio tocco, swipe a partire dai bordi per richiamare specifiche schermate, multitouch...
Hasselblad è tanto orgogliosa della sua indipendenza da stampigliarla sul corpo macchina: HANDMADE IN SWEDEN. Con la stessa forza è stata ribadita la totale indipendenza da Fujifilm per questo progetto, ma il flash è Nikon-compatibile. Lampeggiatori di questo marchio, come qualunque altro dedicato, ad esempio Metz, potranno essere usati anche sulla X1D.
La batteria da 3200 mAh dovrebbero garantire buona autonomia, anche se questa ancora non può essere accertata. Due sportellini sul lato sinistro coprono il doppio slot SD, ingresso e uscita cuffie, USB 3 e mini HDMI.
Lo scatto ha un feeling particolare, a causa dell'otturatore centrale. Buona impressione ci hanno fatto sia il mirino sia la messa a fuoco, ma su quest'ultimo punto preferiamo non addentrarci fino a che non potremo testare un esemplare definitivo - ogni dato pubblicabile oggi verrebbe superato nel prossimo futuro.