"La medio formato da passeggio": l'espressione che ho utilizzato nel titolo descrive perfettamente una delle anime di Hasselblad X1D. Chi segue le nostre pagine ricorderà che l'abbiamo già incontrata dal vivo nel settembre scorso, durante una brevissima prova di meno di 24 ore con un esemplare pre-produzione. Recentemente abbiamo avuto modo di fare nuovamente un giro assieme alla piccola fotocamera medio formato, sempre potendo contare su poche ore di compagnia, ma in questo caso con un esemplare definitivo, pronto per la vendita. L'occasione è stata quella di un viaggio organizzato dall'importatore per l'Italia, la torinese Fowa, nella sede Hasselblad a Göteborg, in Svezia, là dove le fotocamere vengono assemblate e testate. Una fabbrica piccola dove gran parte delle operazioni viene fatta a mano e dove gli operai sono considerati più degli artigiani.
Pur non essendo la prima volta che prendevo in mano una Hasselblad (mi era già capitato non solo con la X1D, ma anche coi i classici corpi medio formato professionali da studio, come H6D-50c), il timore reverenziale è sempre grande di fronte a un oggetto del genere. Seppur meno costosa delle ammiraglie da studio, con ottica e IVA Hasselblad X1D sfiora i 12.000€. Hasselblad ha fatto un lavoro decisamente apprezzabile sotto il profilo del design, con un corpo macchina totalmente in metallo, molto sottile, con finiture gommate nei punti strategici e con un numero abbastanza limitato di pulsanti. Tra questi ultimi spicca quello arancione metallizzato di scatto. Come già abbiamo fatto notare nel nostro primo contatto con la macchina, dal punto di vista del design i tecnici Hasselblad sono stati molto furbi, spostando parte del tiraggio richiesto dal sistema all'interno delle ottiche (che vedono la parte più vicina all'innesto 'cava' per diversi centimetri) al fine di mantenere lo spessore del corpo molto ridotto. Furba anche la scelta di utilizzare il metallo per la costruzione di quest'ultimo, sfruttandone le capacità di dissipare il calore, una questione non trascurabile quando si ha a che fare con un sensore di 44x33 millimetri. Per questa ragione e probabilmente anche per questioni di resistenza e stabilità termica, sembra esserci davvero molto metallo a costituire il corpo unibody di Hasselblad X1D, con il vantaggio di trasmettere sensazione di grande solidità, oltre che avvantaggiando la dissipazione del calore. Lo svantaggio è certamente il peso, che a fine giornata si fa sentire sulle vertebre cervicali se si ha una normale tracolla. La mancanza di alcuni dei pulsanti che oggi popolano gran parte delle mirrorless è compensata dal supporto touchscreen offerto dal display, con la medesima interfaccia che è possibile ritrovare sui corpi medio formato professionali del marchio svedese.
La gamma dinamica è certamente uno dei punti di forza di Hasselblad X1D
L'interfaccia non è la sola caratteristica mutuata da H6D-50c: anche il sensore è lo stesso elemento CMOS da 50 megapixel che sforna immagini da 8272×6200 pixel con fotodiodi da 5,3×5,3 μm su una superficie di 43,8x32,9mm. Si tratta dello stesso pixel pitch della Canon EOS 5D Mark IV da 30,4 megapixel. La macchina lavora a 16 bit e dichiara una gamma dinamica fino a 14 stop. I file RAW 3FR pesano circa 106MB l'uno e si riesce a riempire una scheda SD da 16GB in circa 140 scatti. Benvenuto quindi il secondo slot SD, utile anche per sfruttare l'altra caratteristica della macchina, la capacità di registrare video Full HD 1080p. La macchina rende evidenti subito le sue intenzioni di non essere una Punta&Scatta: è possibile scattare in modalità RAW+JPEG, ma quest'ultimo formato risulta utile solo per l'anteprima e la scelta rapida degli scatti in post produzione, in quanto la risoluzione è limitata a 12,7 megapixel. Si scatta quindi praticamente solo un RAW. Giustamente aggiungerei, dato che il meglio del sensore lo si ottiene sviluppando gli scatti in camera chiara. All'uopo Hasselblad offre gratuitamente la sua suite di sviluppo Phocus (ora alla versione 3.2), ma sarà gradito dai più anche il software Phocus Quick 1.2.3 che permette di importare in modo automatizzato le foto su PC e Mac quando viene inserita una scheda, con la possibilità di creare nel contempo una preview in JPEG alla risoluzione preferita ed effettuare nel contempo il backup delle immagini. Il formato .3FR è leggibile naturalmente anche utilizzando gli strumenti Adobe come ACR e Photoshop.
Macchina fotografica al collo, zainetto in spalla e via per le strade di Göteborg
La formula della prova era quella collaudata: un corpo a testa per ogni giornalista e un po' di ottiche da 'scambiarsi'. In più un portaborse al seguito con una serie completa di batterie di ricambio per tutti e caricabatterie da attaccare in serie in pausa pranzo. Ormai è un must nelle prove sul campo delle mirrorless (il portaborse). Al momento della consegna delle macchine mi sono gettato con scatto felino sull'ottica che più mi interessava, il grandangolo XCD 3,5/30mm, capace di un angolo di campo di circa 71° e con una focale equivalente assimilabile a quella di un 24mm su Full Frame. Avendo già provato l'ottica XCD 3,5/45mm durante il mio primo contatto con la macchina ero curioso di vedere come si comportava per strada l'accoppiata grandangolo+medio formato. Nel corso delle ore passate con la macchina ho avuto poi modo di montare anche quest'ultima e l'interessante medio tele XCD 3,2/90mm che ha una focale equivalente di circa 71mm. Nel corso del 2017 dovrebbero poi essere annunciate altre ottiche che andranno a completare il parco a disposizione, in particolare con un 22mm, un 'normale' da 65mm e il primo zoom della serie XCD 35-75mm.
Hasselblad XCD 3,5/30mm, focale equivalente circa 24mm
L'XCD 3,5/30mm mi ha subito colpito per la quasi assenza di distorsione, fatto che lo rende un obiettivo decisamente adatto per chi ama i paesaggi e l'architettura: unito alla trasportabilità del corpo di X1D forma un'accoppiata decisamente interessante per chi cerca la massima risoluzione ma non vuole spostare il corpo professionale dallo studio. Ho scattato con particolare attenzione a non bruciare le alte luci, ben conscio che questo sensore ha grandi potenzialità nel recuperare le ombre, ma che lascia meno spazio di manovra quando si vanno a saturare i fotodiodi. Con questa precauzione e giocando liberamente con il comando dell'esposizione, della luce di schiarita e dell'apertura delle ombre si riesce a sfruttare al meglio la gamma dinamica della macchina che, soprattutto ai bassi livelli di ISO è davvero elevata. Operando sia con Phocus, sia con Adobe Camera RAW lo spazio di manovra in questo senso è davvero elevato ed è uno dei punti cardine di questa medio formato. Personalmente ho cercato di utilizzare il più possibile il programma proprietario per lo sviluppo, anche se trovo il workflow più lento e i comandi meno intuitivi; sono passato poi in toto ad Adobe Camera RAW dalla versione 3.2 di Phocus che ha mostrato sul mio PC qualche problema di stabilità.
Rubare uno scatto con una medio formato scattando di spalle da sotto l'ascella? Con X1D è fattibile
Girare per una città con una medio formato che penzola dal collo è un'esperienza che sa regalare delle belle soddisfazioni, unendo la qualità tipica di questo tipo di apparecchi alla facilità di utilizzo di una mirrorless. Con così tanti megapixel a portata di dito è certamente facile incappare nel micromosso e ci sono alcune precauzioni da prendere, ma l'assenza dello specchio e le ottiche a diaframma centrale aiutano a non introdurre vibrazioni, rendendo X1D più facile rispetto ad altri prodotti medio formato, in particolare quelli basati su meccanismo reflex. Una delle foto che nella mia esperienza incarna maggiormente questo carattere 'street': lo scatto è stato rubato scattando di spalle da sotto l'ascella. C'è da dire che le dimensioni della macchina non la rendono propriamente invisibile e lo sguardo accigliato della signora svedese è lì a testimoniarlo.
Panning e medio formato: accoppiata possibile con X1D
Il secondo scatto che non ti aspetteresti da una medio formato è quello in leggero panning del tram: la maneggevolezza di una reflex/mirrorless unita alla risoluzione e gamma dinamica della medio formato. Davvero divertente. Tra le ottiche è molto interessante anche il medio tele XCD 3,2/90mm che con la sua focale equivalente di circa 71mm permette di andare in giro per la città a caccia di particolari e di dedicarsi al ritratto. A livello di interfaccia si vede che Hasselblad arriva da un mondo completamente diverso delle fotocamere sportive e veloci. Con X1D, al pari di quanto avviene sulle sorelle da studio, non bisogna avere fretta, la fotocamera ha bisogno dei suoi tempi per reagire ai comandi del suo utilizzatore: chi si è abituato a mettere la reattività al centro del suo giudizio in merito a una fotocamera rimarrà certamente deluso dalla 'piccola' di casa Hasselblad.
Con il 90mm è possibile scoprire la rugosità dei pannelli di copertura di una casa da decine di metri di distanza
Una delle caratteristiche che ha lasciato più perplessi tutti è stato il ritardo di scatto, qualcosa a cui oggi non si è più abituati. Chi arriva già dal mondo del medio formato troverà lo stesso tipo di esperienza che sperimenta in studio. Anche le regolazioni della messa a fuoco tradiscono il DNA di base da studio del progetto Hasselblad da cui X1D è mutuata: il punto di messa a fuoco a rilevazione di contrasto è posizionabile con grande libertà su una griglia di 35 posizioni con buona copertura del fotogramma, ma accedere a questa regolazione non è del tutto intuitivo. Tra i pochi bottoni che troviamo sul corpo di X1D c'è quello di commutazione AF/MF: tenendolo premuto per circa tre secondi è possibile accedere allo spostamento del punto di messa a fuoco. Un'operazione ben lontana in termini di velocità rispetto a quella tramite joystick che troviamo su mirrorless e reflex. La messa a fuoco è veloce e precisa in condizioni di buona illuminazione, ma comincia a mostrare diversi limiti quando la luce viene a mancare, frangente in cui spesso l'autofocus fa fatica ad agganciare i soggetti. Per fortuna il passaggio alla messa a fuoco manuale può avvenire in modo diretto, semplicemente ruotando la ghiera sull'obiettivo e con l'aiuto dell'ingrandimento del punto di messa a fuoco è possibile correggere l'AF in ogni momento.
Tramite la ghiera superiore (che può essere premuta e bloccata) è possibile accedere ai diversi modi di scatto, con tre posizioni personalizzabili, quella dedicata alle riprese video, quella Mq per l'utilizzo in studio, M completamente manuale, A e S per i semiautomatismi in priorità di diaframmi e tempi, P Program automatica su tempi e diaframma e rettangolo che è una modalità totalmente a automatica, che regola in autonomia anche ISO e bilanciamento del bianco. Scattando praticamente solo in RAW quest'ultimo parametro è quasi del tutto inutile. Dal punto di vista delle connessioni siamo di fronte a una fotocamera molto completa, con connettori HDMI, USB Type-C 3.0 per la connessione al PC per il download delle immagini in maniera veloce e per lo scatto in tethering. Il comparto video può beneficiare dei jack da 3,5mm per cuffie e microfoni esterni. Ci sono poi la connessione Wi-Fi per il lo scatto remoto e il download delle immagini su smartphone e tablet. Nella dotazione tecnica troviamo anche il GPS, per scatti georeferenziati.
La batteria è abbastanza capiente ma viene messa in crisi dal fatto che il design mirrorless porta ad avere sempre un display attivo, sia esso quello posteriore o quello all'interno del mirino. Dopo un centinaio di scatti bisogna cominciare a pensare al modo per ricaricare la batteria o averne una carica pronta in tasca. Molto particolare è il meccanismo di estrazione della batteria: essa non è montata all'interno di uno sportello, ma è incastrata a filo con la base del corpo. Con l'apposita levetta la si sgancia per l'estrazione, ma un meccanismo di sicurezza nel blocca la fuoriuscita (per impedire che cada accidentalmente): per poterla tirare fuori bisogna premerla leggermente verso l'interno per far scattare lo sblocco e poi tirarla verso di sé. È un particolare da poco, ma anche in questo Hasselblad X1D si discosta dalla concorrenza e sottolinea il suo DNA da prodotto molto esclusivo.
Anche a 12.800 ISO le possibilità di recupero di ombre e luci restano ampie
Essendo i 50 megapixel 'spalmati su un sensore di più ampie dimensioni, le prestazioni di di Hasselblad X1D al salire della sensibilità ISO sono in linea con quelle di reflex full frame di risoluzioni inferiori. I file si mantengono puliti e perfettamente utilizzabili fino aa 6400, ma anche il superamento di questo limite non porta a sfociare in rumore ingestibile. Anzi, accettando il rovescio della medaglia di una grana più evidente, è possibile ottenere buoni scatti anche a 12.800 ISO e a 25.600 ISO. A queste sensibilità il dettaglio rimane abbastanza elevato, ma soprattutto non si ha una perdita troppo evidente della gamma dinamica, con ampie possibilità di recupero di ombre e luci. Rispetto alle vecchie fotocamere medio formato con sensore CCD si tratta di sensibilità irraggiungibili. Laciamo un'analisi più dettagliata alle prove in laboratorio, sperando di avere presto a disposizione un campione in redazione. In generale la qualità d'immagine è veramente elevata, con molto dettaglio: il rovescio della medaglia è una certa sensibilità al moiré, ma tutti i software di post produzione offrono strumenti ad hoc per la sua riduzione.
La resa a 6400 ISO, senza applicazione di riduzione del rumore
In sintesi come va Hasselblad X1D? Partirei dall'individuare i possibili clienti di questa mirrorless medio formato. Da un lato abbiamo sicuramente i professionisti che già utilizzano Hasselblad in studio e che trovano in X1D la possibilità di avere un secondo corpo di pari qualità d'immagine in formato più piccolo, trasportabile, più facilmente utilizzabile in esterni e soprattutto con un prezzo di acquisto che è circa la metà di un corpo da studio di pari caratteristiche. Dall'altro abbiamo sicuramente i ricchi appassionati in cerca di una fotocamera in grado di essere un vero e proprio status symbol. Si tratta dello stesso tipo di utenza che Hasselblad aveva provato a colpire con il (pessimo a detta di molti, con cui concordo) esperimento delle Sony ricoperte di materiali pregiati e disegnate in Italia. Con quei prodotti era riuscita a scucire qualche soldo da russi e asiatici, ma di certo non aveva conquistato il cuore di chi all'opulenza vuole associare anche lo stile. Con X1D il discorso è totalmente diverso e la fotocamera di fa notare prima di tutto per il suo sensore, per il suo design, e poi è anche un oggetto di lusso da ostentare. In questo senso forse Leica può dormire sonni meno traquilli, avendo in X1D una concorrente per i prodotti per appassionati con ampio portafoglio.
Hasselblad X1D è quindi una fotocamera non per tutti e che probabilmente farebbe storcere il naso a molti nell'utilizzo sul campo per la sua scarsa reattività, chi la prendesse in mano dopo una reflex sportiva top di gamma probabilmente avrebbe la forte tentazione di scagliarla contro il muro. Ma per il clienti di elezione è un prodotto certamente riuscito: da un lato perché che già utilizza il medio formato in studio è abituato allo stesso tipo di comportamento, dall'altro chi la compra come status symbol è meno interessato alle prestazioni pure. C'è poi una ampia gamma di pubblico che potrebbe (avendo naturalmente il corretto budget da stanziare) decidere di soprassedere su alcuni dei difetti della macchina per beneficiare della grande qualità di immagine che è possibile spremere dal sensore: in primis chi fa paesaggi, ma anche chi ama i ritratti. Anche qualche matrimonialista potrebbe decidere di dargli una chance (per le foto in posa). Noi ci siamo divertiti a fare street photography e imparando ad anticipare il ritardo nello scatto i risultati sono stati divertenti.