Con l'arrivo del Multi Controller (e contestuale abbandono della barra multifunzione), nonché della terza ghiera di comando dedicata all'impostazione della sensibilità ISO, la famiglia EOS R ha fatto un grande balzo in avanti in termini ergonomici. La R6 da noi testata, ma analoghe valutazioni valgono per la R5, è infatti una fotocamera estremamente razionale. Gli anglosassoni la definirebbero "no-nonsense", racchiudendo alla perfezione l'essenza della fotocamera in sole due parole.
La ghiera di comando superiore è personalizzabile, ma non c'è ragione per assegnarle una funzione diversa dall'impostazione di sensibilità. Con lei, il fotografo ha sempre totalmente sotto controllo il triangolo di esposizione, al punto che la ghiera sul corpo obiettivo, caratteristica del sistema EOS R, su questo corpo macchina risulta quasi superflua. Per impostazione predefinita controlla la compensazione esposimetrica, cosa che ha senso mantenere per avere questa funzione anche con programma di scatto manuale (con altri programmi di scatto, la stessa funzione viene svolta anche dalla ghiera di comando posteriore).
In alternativa, sarà possibile assegnarle funzioni quali il controllo di un altro parametro della terna, la compensazione flash, il metodo AF, il Picture Style o il bilanciamento del bianco; una possibilità che abbiamo apprezzato è quella di fare in modo che la ghiera si attivi, con le identiche funzioni appena descritte, solo alla contestuale pressione del pulsante di scatto a metà corsa, per evitare modifiche involontarie.
La dotazione di connettori della EOS R6.
È stato mantenuto anche sulla R6 il peculiare programma di scatto flessibile Fv, che di fatto è la summa di tutti gli altri. Con questo programma, la ghiera superiore seleziona il parametro da modificare tra tempi, diaframmi, ISO e compensazione esposimetrica, e la ghiera anteriore lo modifica. Tutti i parametri della terna possono essere selezionati manualmente o impostati su posizione Auto, e in ogni istante è possibile riportarli tutti contemporaneamente al valore Auto (0 nel caso della compensazione) premendo il pulsante Cestino. Una volta prese le misure, ci si rende conto che si tratta di un eccellente compromesso tra creatività/controllo e rapidità di scatto.
A dispetto di questa innegabile (e apprezzata) razionalità, l'esperienza d'uso non è stata del tutto positiva. Si tratta di dettagli, quali il pulsante AF-On a nostro avviso un po' piccolo, il Multi Controller leggermente troppo in alto o il fatto che siano stati raggruppati due controlli operativi come Multi Controller e AF-On con il pulsante ingrandimento e con altri due pulsanti di impostazione come Info e Quick menu. A titolo personale, preferiamo che i comandi puramente fotografici siano separati da quelli di gestione.
C'è poi l'anticipato tema della carenza di controlli diretti a cui abbiamo accennato nella pagina descrittiva del corpo macchina. A questa critica si può facilmente controbattere che basta mantenere la schermata riassuntiva sul display posteriore per avere, tramite Quick menu, tutte le impostazioni mancanti a portata di dita. Ineccepibile. Però, le (in alcuni casi molto piccole) icone sul display posteriore – ad esempio, modalità AF, modalità di lettura esposimetrica e, un po' più grande, Drive – non sono equivalenti a dei pulsanti fisici.
20 fps consentono di cogliere l'attimo anche in presenza di soggetti molto veloci. I limiti dell'otturatore elettronico (cadenza di scatto fissa, effetto rolling-shutter) lo rendono però meno sfruttabile dell'otturatore meccanico da 12 fps.
Quello che abbiamo apprezzato senza riserve, e che rappresenta a nostro avviso la miglior dote di questa fotocamera, è il sistema autofocus, che possiamo certamente definire il migliore mai visto finora su una mirrorless. Di fatto, si tratta del sistema Autofocus Live View della 1D X Mark III, implementato in una mirrorless "nativa" e per questo scevro dai limiti della soluzione ibrida descritta nella recensione della reflex. In sintesi, questo sistema AF offre una copertura pressoché totale del campo inquadrato (Ok, non in tutte le modalità*, ma si tratta di quisquilie), eccellente granularità, ottima sensibilità e capacità di lavoro in basse luci e doti di inseguimento allo stato dell'arte unite alle possibilità di personalizzazione della reflex professionale per eccellenza. È questa la combinazione vincente.
Finora, non è un segreto, abbiamo sempre preso la Sony A7 III come punto di riferimento, per le sue ottime capacità di inseguimento. Le possibilità di personalizzazione, però, sono più limitate: disponibile il solo parametro Sensibilità inseguimento nel menu di ripresa #1. La EOS R, dal canto suo, si è dimostrata almeno pari alla Sony quanto a doti di inseguimento, con in più il grande vantaggio di poter adattare la risposta della fotocamera alla precisa situazione di scatto.
Il riconoscimento occhi funziona molto bene, forse persino meglio che sulla EOS 1 nell'identificare volti/occhi anche quando questi non sono frontali, ed effettivamente il riconoscimento animali (cani, gatti e volatili) funziona anch'esso molto bene e offre un "quid" in più che nemmeno la reflex possiede.
NOTA (*): Un'eccezione significativa riguarda le nuove ottiche RF600 e 800mm f/11 IS STM, che abbiamo avuto modo di provare per qualche attimo in versione non definitiva al momento del lancio. Utilizzando uno di questi due obiettivi a diaframma fisso f/11, sarà possibile utilizzare solo i punti AF centrali, corrispondenti al 40% del fotogramma in orizzontale e al 60% in verticale. Non poco, in ogni caso, considerato che anche reflex pro di pochissimi anni fa erano vincolate al solo punto centrale già con combinazione ottica/moltiplicatore f/8.
Un esempio delle doti dinamiche della EOS R6 nello scatto di Samo Vidic.
Si tratta dunque, davvero di una piccola EOS 1 mirrorless? O, perlomeno, di una 7D 35mm mirrorless? Purtroppo, no… Lo scoglio principale è sempre lo stesso, vale a dire il mirino EVF. Non che si tratti di un brutto modello. Tutt'altro: è nitido, reattivo nella commutazione, e molto confortevole, dato soprattutto l'elevato ingrandimento. Vale la pena notare, a proposito, che si tratta dello stesso ingrandimento offerto dalla la 1D X Mark III, anche se, naturalmente, in quel caso si tratta di un mirino ottico.
Però, la visione in tempo reale è disponibile solo fino alla modalità Drive H, vale a dire 6 fps se si opta per l'otturatore meccanico oppure 8 se si opta per la prima tendina elettronica. Ai 12 fps massimi, la visione è differita, il che può anche essere sufficiente per un utilizzo amatoriale (ripetiamo qui le stesse valutazioni fatte per la Sony: al crescere della cadenza di scatto, i limiti della visione differita si fanno meno evidenti), ma un professionista abituato al mirino ottico difficilmente accetterà questo compromesso.
Se a questo aggiungiamo lo strano crollo di prestazioni che si osserva attivando la funzione anti-flickering, descritto nella pagina di analisi tecnica, e il limite dell'otturatore elettronico che lavora a 20 fps non modificabili, la EOS R6 ne esce un po' ridimensionata nelle sue ambizioni di modello sportivo, a dispetto dell'eccezionale sistema AF e della cadenza di scatto elevatissima e sostenibile a oltranza.
Immagine ripresa con focale 105mm, 1/4s, senza stabilizzatore. Scorri col mouse per vedere l'immagine stabilizzata.
Torna il bel tempo stabile nella valutazione delle funzioni accessorie, che includono esposizioni multiple, HDR, bracketing messa a fuoco, funzione time lapse e, dulcis in fundo, uno stabilizzatore in-camera molto efficace. Testato con il 24-105 @ 105mm, come già fatto per la EOS R, ci è parso che la R6 abbia un ulteriore margine di vantaggio su quest'ultima. Siamo infatti riusciti a ottenere uno scatto perfettamente nitido con un tempo di 1/4s, e uno scatto ragionevolmente nitido anche a 1/2s, vale a dire effettivamente 6 stop oltre un ragionevole tempo di sicurezza per la focale utilizzata. Ovviamente la percentuale di successi decresce al crescere del tempo di posa ma, ancora a 1/4s, con qualche banale accorgimento di postura, i successi hanno superato gli insuccessi.
Chiudiamo con una valutazione relativa al calore generato durante la registrazione video, oggetto di diverse critiche al momento del lancio (soprattutto, in verità, verso la R5). Nel caso della R6, che registra "solo" in 4K, il problema del surriscaldamento è minore ma comunque rilevabile. Registrando a oltranza nelle calde giornate di agosto (temperatura ambiente = 28°C) in formato 4K 50p, abbiamo visto lampeggiare l'avviso di alta temperatura dopo circa 27 minuti di registrazione, quando la massima temperatura rilevabile sullo chassis esterno sfiorava i 50°C. Proseguendo, la registrazione si è interrotta dopo altri 2 minuti circa, vale a dire a ridosso del limite di 30 minuti della fotocamera. Interrotta la registrazione, la R6 non è stata in grado di riprendere, nelle nostre condizioni di prova, per oltre mezz'ora.