Chi ci segue regolarmente sa che apprezziamo l'ergonomia delle Sony Alfa, ergonomia che a partire dalla terza generazione abbiamo più volte descritto come pressoché perfetta. La A1 parte da questa base e non può quindi che essere un ottimo prodotto, ma una fotocamera con queste ambizioni deve necessariamente essere confrontata anche con le reflex top di gamma. Questo ci porta a una duplice conclusione.
La prima valutazione, eccellente, si applica alla A1 considerata come mirrorless generica (e implicitamente confrontata con altre mirrorless), da usare in studio o in esterni in situazioni anche dinamiche, ma non tipiche della fotografia sportiva professionale.
La seconda valutazione, leggermente meno positiva, si applica invece al contesto della fotografia sportiva professionale; in questo caso, il confronto ovvio è con le reflex top di gamma di Canon (1DX Mark III) e Nikon (D6). Nel seguito, ci concentreremo su questo secondo caso.
La razionale struttura di comando a tripla ghiera, con ulteriore ghiera dedicata alla compensazione esposimetrica, è a nostro avviso la migliore e mantiene tutta la sua efficacia in ogni contesto operativo, a maggior ragione in quelli che richiedono reattività. Ciò che mina l'efficacia di questi comandi nel momento in cui si desidera usarli velocemente e senza staccare gli occhi dal mirino è, in ultima analisi, il poco spazio a disposizione, che impone una disposizione non ottimale. AF-On (migliorato rispetto alla A9), joystick e ghiera posteriore, normalmente utilizzata per la selezione della sensibilità, sono quasi esattamente sulla verticale, il che obbliga a muovere la mano (allentando la presa sull'impugnatura) e rende più difficile individuare questi comandi a colpo sicuro.
Ci troviamo in effetti a muovere a Sony la stessa critica di fondo mossa a Canon a proposito della R5: una mirrorless con ambizioni professionali dovrebbe a nostro avviso abbandonare il dogma della compattezza e prendersi – anche fisicamente – il suo spazio. Tanto più che qui si parla di una fotocamera destinata a essere usata anche con ottiche anche molto impegnative. Con i super-tele, un corpo macchina massiccio non è ingombrante, è stabile.
Il mirino EVF è da vedere con i propri occhi, perché una descrizione a parole non rende pienamente l'idea.
Non c'è molto che possiamo aggiungere a quanto già detto nel corso dell'analisi tecnica: ampio, reattivo nella commutazione ma soprattutto fluido e capace, con il supporto del sensore, di offrire una visione in tempo reale anche nello scatto continuo ad alta velocità. L'inseguimento del soggetto non è assolutamente più penalizzato rispetto al mirino ottico. Solo il mirino della A9 può oggi competere, rimanendo però un gradino sotto quello della A1.
Il menu, molto simile a quello della neonata A7S Mark III, è completamente diverso rispetto a quanto visto finora su altre Sony. Organizzato su tre livelli, risulta più razionale ed efficace rispetto al precedente, anche se esistono margini di miglioramento.
Il numero di voci di menu è enorme, come da tradizione Sony. Basti dire che il terzo livello di navigazione, quello che include i comandi veri e propri, è composto da ben 52 pagine, ciascuna contenente da 2 a 7 impostazioni. La fruizione è però facilitata dal fatto che, al secondo livello di navigazione, viene già mostrato l'elenco delle voci contenute, così la navigazione risulta in qualche modo guidata.
A titolo personale, non ci è piaciuta la convivenza tra impostazioni foto e video, e il fatto che sia solo un'icona (che eventualmente precede la voce di menu) a indicare se si tratta di un'impostazione valida per foto, video o entrambi (nel caso, è possibile scegliere se applicare un'impostazione unica o separata). A nostro parere, è inutile per il puro fotografo avere delle impostazioni video ad affollare il menu, ma c'è anche chi preferisce il menu unico.
Offrendo un minor livello di controllo rispetto alle reflex professionali, la A1 obbliga ad affidarsi maggiormente all'automatismo. Molto spesso funziona ma, in situazioni complesse, specie nel caso di soggetti lontani, è più difficile ottenere il fuoco esattamente dove si desidera (in questo caso, sul casco).
Bizzarro poi che il menu rapido Fn contenga ancora per default le voci Modo avanzamento e Programma di scatto, che nella A1 sono da impostare necessariamente tramite ghiere. Ovviamente il menu è personalizzabile (separatamente per foto e video), quindi tutto si risolve andando a modificare la voce Impostaz. Menu Fn (a pag. 42 del menu completo…), ma è chiaro come, complessivamente, sia richiesto ancora qualche affinamento.
Il sistema AF è largamente invariato nella sua impostazione di base rispetto alla famiglia A7, ma beneficia dell'esuberante potenza di calcolo della A1 risultando quanto mai reattivo ed efficace (grazie anche a nuovi algoritmi di riconoscimento). Come ormai da molto tempo a questa parte, le prestazioni in modalità AF singolo non sono nemmeno in discussione e, per quanto riguarda l'inseguimento dei soggetti con rilevamento volto/occhi la A1 conferma il sistema AF Sony come uno dei migliori oggi disponibili (si gioca il primo posto con la EOS R5) nella maggioranza delle condizioni di scatto. Il riconoscimento occhi nel ritratto è ad esempio una gioia, ma anche in contesti dinamici la A1 si comporta perlopiù egregiamente – l'accoppiata con ottiche veloci permette alla fotocamera di sviluppare tutto il suo potenziale, e regala una reattività complessiva davvero eccellente.
Nella maggioranza delle situazioni di scatto, la potenza di fuoco della A1 consente di ottenere scatti anche "difficili" con una sicurezza disarmante. In questo caso, l'Eye AF è stato determinante, e abbiamo lavorato in interni a 5000 ISO, senza grosse penalità, per ottenere un tempo di posa compatibile con il soggetto.
È nello specifico scenario "a bordocampo" che il sistema autofocus della A1 mostra alcuni limiti. La chiave è probabilmente nelle maggiori possibilità di personalizzazione della reflex professionali (il parametro Accelerazione delle EOS in particolare, ma anche l'ancoraggio al punto AF iniziale), grazie a cui è possibile discriminare più facilmente il soggetto da sfondo e/o ostacoli. Anche la maggiore esperienza dei concorrenti in questo specifico ambito può aver giocato un ruolo nella definizione di algoritmi specifici.
Quale che sia la ragione, il risultato è che messa a fianco della 1DX Mark III, il vantaggio di quest'ultima in termini di percentuale di successo è apparso piuttosto evidente. Con la reflex è stato più facile mettere a fuoco esattamente nel punto desiderato, e l'inseguimento è risultato più efficace anche con soggetto molto lontano. Con la A1, è stato viceversa necessario affidarsi maggiormente all'automatismo, che non sempre si è concentrato sul soggetto voluto.
Dopo lo scatto, bisogna fare i conti con la (potenzialmente enorme) mole di dati prodotta da una 50 Mpixel da 30 fps. Su questo fronte, nulla è imputabile a Sony: se il sensore fosse nella classe dei 20 Mpixel, la A1 non si distinguerebbe dalla A9 o dalle ammiraglie reflex. Non sarebbe più "The One". Per il prodotto che ha voluto creare Sony, l'unica soluzione è un sensore come questo, e se il fotografo sportivo non vuole gestire 50 Mpixel, ha la possibilità di ridurre la risoluzione a 21 Mpixel, tra l'altro mantenendo la stessa risoluzione in formato 35mm o APS-C.
Il vero dilemma nasce dal rapporto segnale/rumore, a cui si rinuncia per avere una risoluzione più idonea ad altri contesti, quali il paesaggio o cerimonia. Ma si tratta del dilemma di fondo di questo modello: prodotto specializzato o super-versatile?!?
Concludiamo con la valutazione dell'autonomia di scatto, che in base agli standard CIPA si attesta tra i 430 e i 530 scatti (anche se, usando raffica e otturatore elettronico, siamo arrivati oltre quota 3000 per singola carica). Ciò non toglie che, se con una reflex professionale ci si può dimenticare del problema autonomia, con la A1 questa rimane una preoccupazione – basta soffermarsi più del dovuto sulla revisione degli scatti per vedere scendere rapidamente il livello di carica. Molti professionisti che dovessero sceglierla per il lavoro sul campo opteranno probabilmente per il battery grip e, per i contesti più impegnativi, due ulteriori batterie nello zaino.