Recentemente abbiamo pubblicato la prova del VIVO X60 Pro, uno smartphone che può vantare una sezione fotografica - creata in collaborazione con Zeiss - particolarmente avanzata. Posto che tale sezione fotografica è effettivamente molto valida, cioè che dietro l'operazione di co-branding c'è molta sostanza, la collaborazione con Zeiss ha permesso a VIVO di utilizzare alcuni nomi altisonanti che, siamo certi, non mancheranno di scandalizzare qualche perbenista.
Due esempi su tutti: Vario-Tessar (ottica principale) e Biotar, rispolverato sottoforma di filtro a simulare la resa ottica dell'obiettivo originale, quel particolare sfocato "a vortice", o "swirl bokeh", oggi tornato in auge tra gli appassionati. Zeiss e VIVO hanno creato un gruppo di ricerca e sviluppo congiunto e avviato una collaborazione di lungo termine per lo sviluppo di prodotti, come ci hanno confermato nel corso di un'intervista anche Lindoro Ettore Patriarca, Direttore Marketing e Retail di vivo Italia e Pietro Ettore Speroni, Head of Carl Zeiss Vision Sunlens e Head of Commercial Carl Zeiss Vision Italia. Zeiss, oltre ad aver collaborato alla progettazione della nuova ottica, ha supervisionato anche tutti i passaggi produttivi, per certificare la qualità finale del prodotto e permettere a VIVO di applicare 'il bollino blu'.
Chi, come noi, ha iniziato a fotografare ai tempi dell'analogico non può resistere al fascino e al richiamo del vintage; abbiamo quindi deciso di mettere in atto un 'pazzo confronto': il nuovo VIVO X60 Pro contro mitiche ottiche Zeiss Biotar e Tessar dei cui nomi lo smartphone si fregia.
VIVO X60Pro vs Zeiss Biotar e Tessar
Abbiamo scandagliato eBay alla ricerca di obiettivi in buone condizioni, avendo già a disposizione in redazione l'adattatore NEX-M42 per montare le ottiche con attacco a vite sulle fotocamere full frame A7 di casa Sony. Siamo riusciti a recuperare le ottiche Zeiss originali, vale a dire quel Biotar 58mm f/2 nato nel 1939 e successivamente prodotto con attacco a vite, e uno Zeiss Jena Tessar 50mm f/2.8, sempre con attacco a vite M42. Prima di proseguire è forse necessario fare un salto indietro nel tempo e contestualizzare i due 'ferri vecchi'.
Carl Zeiss nel 1846 fonda un laboratorio di produzione microscopi poi, nella seconda metà dell'800, grazie alla conoscenza con due nomi mitici, Ernst Abbe e Otto Schott, dà vita a una produzione di obiettivi che porterà il suo nome a guadagnare fama mondiale. (Il primo tuttora dà il nome al 'numero di Abbe", un valore che esprime la relazione fra l'indice di rifrazione dei materiali e la lunghezza d'onda della luce e il secondo agli ancora attuali vetri Schott).
A proposito di nomi parliamo anche di Paul Rudolph che nel 1902 realizza un obiettivo da 4 lenti in 3 gruppi, il mitico Tessar (dal greco richiamando proprio il 4). Lo schema ottico permette di avere ottima nitidezza e macrocontrasto anche a diaframmi aperti e senza trattamenti superficiali delle lenti, che sarebbero venuti parecchio tempo dopo. Per la nitidezza l'obiettivo ebbe subito il soprannome di 'Adlerauge', occhio d'aquila. La prima versione aveva apertura f/6.3, ma è una delle successive riedizioni a crearne il mito per tutti i fotografi. Ottica mitica del dopoguerra è, infatti, il Tessar 50mm f2.8, nata nel febbraio 1951 e che porta lo schema ottico al massimo della sua apertura. Noi siamo venuti in possesso di una versione di fine anni '50, a giudicare al numero di serie. Altra ottica mitica della storia Zeiss è il Biotar 58 mm f/2, nato nel 1939, su uno schema ottico doppio Gauss. Sua caratteristica fondante è l'ottima resa al centro, accompagnata dal particolarissimo sfocato a vortice. In questo caso siamo in possesso di una versione di metà anni '50.
Come detto, in entrambi i casi abbiamo cercato obiettivi con baionetta a vite M42, molto utilizzata su diverse fotocamere dell'epoca, con lo scopo di utilizzarle tramite un semplice adattatore meccanico su una moderna Sony A7 III, mirrorless full frame con sensore da 24 megapixel. Abbiamo aggiunto al lotto per le prove anche il un Helios 44-2, copia sovietica del Biotar, creata dopo che l'Unione Sovietica era venuta in possesso delle fabbriche e della tecnologia Zeiss a Jena, che si venne a trovare dopo la guerra nel territorio di quella che fu la Germania Est.
Abbiamo dunque deciso di confrontare, passandoli al nostro consueto banco di prova, l'ottica integrata nello smartphone e qualcuno dei suoi antenati. Siamo consapevoli che il confronto è improprio, ma... avendo uno smartphone che propone una modalità di scatto "Biotar" e un vero Biotar, avremmo forse potuto esimerci? Il VIVO X60Pro è stato ovviamente provato come sistema a sé stante, utilizzando i JPEG prodotti in-camera. Abbiamo salvato, quando possibile, anche il RAW equivalente, senza però ottenere alcun beneficio dallo sviluppo manuale. I vecchi obiettivi con attacco a vite sono stati invece provati sulla Sony A7 III, salvati in RAW e sviluppati in Adobe Lightroom senza alcuna correzione di nitidezza; questo sia per rendere il confronto tra obiettivi diversi più fedele possibile, sia perché il Biotar si è dimostrato, con un undersharpening inferiore al 2% a f/8, già perfettamente "calibrato" per un sistema moderno.
Partiamo con i risultati proprio dal VIVO X60Pro, che abbiamo provato nel range 1x-1,9x @ 1,9x, laddove viene utilizzata l'ottica standard, e a 2x, laddove lo smartphone passa all'ottica tele. Il risultato delle prove di risoluzione a centro fotogramma è sorprendente buono per valori assoluti e per omogeneità: 2450 LW/PH @ 1,9x, 2648 LW/PH @ 2x; in entrambi i casi si osserva, come sempre nel caso degli smartphone, un pesantissimo oversharpening, compreso tra il 33 e il 42% circa. Questo porta ad avere un'immagine dall'aspetto un po' artificiale, ma di forte impatto e sicuramente efficace se visualizzata su piccolo schermo. Cogliamo l'occasione per una riflessione sul numero dei megapixel, semmai qualcuno avesse ancora dei dubbi: il sensore principale è da 48 megapixel, quello "tele" da 13 megapixel. Eppure, in termini di puro potere risolvente, il 13 megapixel è in leggero vantaggio. Stranamente, la modalità ritratto, anziché ammorbidire l'immagine la rende ancora più incisa al centro. In questo caso, siamo arrivati oltre il 45% di oversharpening.
I vecchi obiettivi? Beh, dobbiamo innanzitutto premettere che il Tessar e Biotar hanno mostrato comportamenti molto diversi, col primo che ha faticato non poco a raggiungere il suo piccolo omonimo per smartphone, di fatto superato solo a partire da f/5.6. Il Biotar, viceversa, è almeno pari allo smartphone a qualunque diaframma, e supera abbondantemente le 3000 LW/PH tra f/4 ed f/11, dimostrandosi ancora oggi un eccellente prodotto. Lasciamo ai soli grafici i risultati dello Zenit, largamente sovrapponibili a quelli del Biotar. Passando dal centro del fotogramma ai bordi, il buon comportamento dello smartphone si fa ancora più evidente. Il risultato non è così sorprendente che si considera che, come già visto in passato, le maggiori differenze tra ottiche moderne e vintage riguardano proprio la nitidezza ai bordi, laddove per obiettivi di progettazione e costruzione manuale è più difficile mantenere elevata precisione.
Il Vario-Tessar del VIVO X60Pro, viceversa, beneficia dei metodi produttivi attuali e, soprattutto, di ridottissime dimensioni rispetto agli obiettivi a vite, che rende molto più semplice mantenere un'elevata costanza di rendimento dal centro ai bordi. Sta di fatto che, ai bordi, il VIVO X60Pro garantisce ancora, a seconda della fotocamera utilizzata, la bellezza di circa 2300-2400 LW/PH, un risultato praticamente invariato rispetto al centro. Il Tessar parte da meno di 700 LW/PH e non arriva mai a 2400. Il Biotar parte anch'esso da un punteggio estremamente basso (meno di 300 LW/PH); poi, da buon cavallo di razza, raggiunge lo smartphone a f/5.6 e lo supera, anche se non di molto, a f/8 (2610 LW/PH), f/11 (3052 LW/PH) e f/16 (2725 LW/PH).
L'aberrazione cromatica laterale è ben controllata sia dal VIVO X60Pro sia dal Tessar (meno di 0,5pixel il valore massimo per entrambi), mentre è più evidente nel Biotar e nel gemello sovietico Zenit, dove il valore massimo si attesta nell'intorno del pixel e mezzo. Abbiamo voluto, per completezza, verificare anche il comportamento cromatico alla ricerca di eventuali sorprese o comportamenti inaspettati introdotti dagli obiettivi, ma non abbiamo rilevato nulla di significativo. Con entrambi gli obiettivi Zeiss, la fotocamera ha restituito lo stesso errore di esposizione (0,23-0,24 EV), lo stesso errore cromatico (1,89-1,95 punti dC94 l'errore medio, 4,45-4,69 punti dC94 lo scarto massimo) e una pressoché identica (e quasi perfetta) saturazione, poco oltre il 100%. Lo smartphone, dal canto suo restituisce colori molto più "strillati" (saturazione oltre il 120%), con un più vistosi errore sul punto di bianco (3,70 punti dC94) e, di conseguenza, un più alto errore cromatico complessivo (circa 4-12 punti dC94). Tale risultato è da considerarsi comunque molto buono per uno smartphone, soprattutto considerato che, in questo particolare test, l'utilizzo del JPEG risulta particolarmente penalizzante.
Non solo numeri, ecco l'esperienza sul campo
Ma la fotografia non è solo mire ottiche e numeri, ma è spesso l'esecuzione pratica che fa la differenza. Questo è proprio l'argomento dei video qui sotto, dove vi raccontiamo più in dettaglio anche il comportamento sul campo dei due sistemi, facendo anche un po' di considerazioni tra questi due mondi così diversi, ma anche sovrapposti: la fotografia tutta manuale e quella 'computazionale' a cui gli smartphone ci hanno ormai abituati. Buona visione:
Nella gallery qui sotto alcuni degli scatti ripresi con lo smartphone e con la fotocamera equipaggiato con le due ottiche Zeiss a diretto confronto: