I droni, anche quelli nati per scopi civili e consumer, hanno guadagnato un ruolo di crescente importanza nei conflitti in questa prima parte del XXI secolo. Per vicinanza e rilevanza mediatica, lo stiamo vedendo in particolare nella guerra in Ucraina: molte delle immagini aeree che ci giungono dal teatro bellico sono riprese aeree di piccoli droni, utilizzati anche per compiti di monitoraggio e ricognizione.
Le accuse a DJI
DJI è stata al centro delle cronache, per ovvi motivi. In questi anni il produttore cinese ha praticamente monopolizzato il mercato dei droni prosumer e consumer, con una diffusione globale capillare dei suoi velivoli. Viene da sé che molte delle immagini aeree che abbiamo visto nelle ultime settimane sia state riprese dai droni DJI e che le forze sul campo abbiano sfruttato proprio questi velivoli. Skylum, software house ucraina che sviluppa i software di ritocco fotografico della serie Luminar, aveva lanciato, ad esempio, all'inizio dell'invasione russa, una campagna di raccolta droni da inviare alle forze della resistenza proprio per i compiti di sorveglianza e, probabilmente, la maggior parte di quelli donati sarà stata marchiata DJI.
L'utilizzo massiccio dei quadricotteri cinesi aveva portato con sé delle accese polemiche, con accuse da più parti di un supporto diretto da parte di DJI alle forze armate russe per l'utilizzo bellico della soluzione Aeroscope, nata come sistema di sicurezza per le agenzie governative e in grado di identificare e intercettare le comunicazioni tra droni e radiocomandi. L'esercito russo avrebbe a disposizione una versione modificata del sistema, in grado di identificare i droni ucraini e chi li controlla fino a 50 km di distanza.
DJI ha rigettato con forza le accuse, come vi abbiamo riportato. In molti restano perà dubbiosi sul tema, in particolare oltre oceano, dove i droni DJI erano già stati banditi dalle diverse agenzie governative statunitensi. Con l'accendersi delle polemiche sul ruolo dei cinesi e del loro supporto alle forze russe, proprio negli USA si è riacceso il dibattito attorno ai droni DJI.
Dagli USA la proposta per 'droni sicuri'
In particolare l'azienda Teal Drones si è proposta di fornire 'droni sicuri' alle forze ucraine 'al posto di quelli DJI', per mettere al sicuro i soldati della resistenza dalle 'backdoor che i Russi possono utilizzare per tracciare i droni DJI', facendo riferimento diretto alle accuse di utilizzo militare della tecnologia Aeroscope. Il tema delle backdoor era quello che aveva scatenato il ban dei prodotti DJI dagli usi governativi e militari negli USA, ai tempi dell'amministrazione Trump, che aveva fatto dell'epurazione dei cinesi dalle infrastrutture e dai sistemi critici e sensibili uno dei suoi cavalli di battaglia.
È stato il CEO e fondatore dell'azienda, George Matus, a lanciare l'iniziativa per fornire alle forze ucraine i propri Golden Eagle. Si tratta di piccoli quadricotteri dal design ripiegabile, pensati per essere leggeri e trasportabili, caratterizzati da un'impronta sonora molto ridotta e quindi con capacità di operare senza essere riconosciuti dal suono dalla distanza. Portano a bordo fotocamera 4K e diversi sensori e sono costruiti attorno a una piattaforma Qualcomm Snapdragon 845, che abilita il volo autonomo e l'evitamento degli ostacoli. I droni hanno un'autonomia di volo di ben 50 minuti e possono volare fino a 50 miglia orarie (circa 80 km/h) con venti fino a 30 miglia orarie (poco meno di 50 km/h).
Il drone è stato sviluppato per rispondere alle specifiche del Defense Department/U.S. Army drone prototype program avviato nel 2018 e ha permesso a Teal Drones di vincere un contratto iniziale del valore di 1,5 milioni di dollari con il ministero della difesa e con l'esercito per la produzione dei prototipi. La guerra in Ucraina potrebbe diventare quindi per Teal Drones uno scenario operativo di test delle capacità del proprio drone, per altro senza nemmeno il coinvolgimento delle forze armate statunitensi, da qui probabilmente l'interesse a fornire i quadricotteri alla resistenza ucraina, con l'indubbio vantaggio di metterli alla prova diretta contro il 'nemico giurato' russo.