Il video pubblicato dai ricercatori dell'Università di Dayton, in collaborazione con il Sinclair College National UAS Training and Certification Center, relativo all'impatto di un drone con l'ala di un aereo da turismo ha fatto molto parlare di sé, generando diverse critiche, apparse in calce anche alla nostra news.
Una critica ufficiale è arrivata anche da DJI, protagonista, suo malgrado, del video. Per la simulazione i ricercatori hanno, infatti, utilizzato il drone più diffuso sul mercato, un DJI Phantom. In una lettera aperta Brendan M. Schulman, DJI VP of Policy & Legal Affairs, chiede la rimozione del video, in quanto 'fuorviante'.
Secondo DJI, infatti, le condizioni simulate nel video sono irrealizzabili nella realtà, anche perché basate su una velocità di impatto calcolata maggiore della somma delle velocità massime raggiungibili dai due velivoli e, in ogni caso, superiore a quella raccomandata dalle linee guida della FAA, U.S. Federal Aviation Administration.
In particolare, scrive l'incaricato DJI, nel video si simula l'impatto tra un DJI Phantom viaggiante a una velocità superiore a quella raggiungibile (fissata a 33,5 mph) e un aereo Mooney M20 in volo alla sua massima velocità, pari a 200 mph. Quest'ultima però è raggiungibile generalmente solo a un'altitudine di crociera, circa un miglio sulla superficie del suolo, mentre a livello del mare l'aereo viaggia generalmente tra 161 e 184 mph.
A quell'altezza, poi, un aereo non dovrebbe proprio incontrare nessun drone e anche se lo facesse esso non sarebbe probabilmente indirizzato verso l'aeroplano a tutta velocità. In sintesi un impatto reale dovrebbe avere meno di un quarto dell'energia simulata nel video.
La lettera di DJI pare però essere caduta nel vuoto, il video infatti è ancora online. Sulla questione c'è una parte di ragione da entrambi i lati. DJI ha sempre tenuto in grande considerazione la sicurezza, tanto da inserire volontariamente nei propri droni un sistema di geo-fencing che impedisce di volare in prossimità di aeroporti e campi di volo. Dall'altra l'allarme dell'Università di Dayton vuole essere volutamente di impatto, considerando anche che gli avvistamenti di droni nei pressi di aeroporti da parte di voli commerciali sono sempre più frequenti.