Non si tratta di un prodotto commerciale, ma è il frutto della ricerca e sviluppo dal California Institute of Technology (Caltech). È la nuova fotocamera che promette prestazioni da primato e utilizzabile nel campo della ricerca più che per l'ambito consumer con applicazioni che sono tutte da scoprire, anche secondo chi l'ha ideata.
Questo nuovo prodigio dell'ingegneria è merito di Lihong Wang (professore di ingegneria medica e ingegneria elettrica), Peng Wang e Jinyang Liang. Le prestazioni di questa fotocamera sono elevatissime: si riesce ad arrivare a 70 bilioni di fotogrammi per secondo. Si tratta di riuscire a catturare 70.000.000.000.000 oppure, più semplicemente, 7 x 1013 immagini (anche se non bisogna associarle alle classiche fotografie che siamo abituati a scattare, condividere o immaginare).
La fotocamera da 70 bilioni di fps
La fotocamera si basa sulla tecnologia che ha l'acronimo di CUSP o per esteso fotografia spettrale ultraveloce compressa. In precedenza sempre Wang aveva realizzato un altro modello basato sulla tecnologia pCUP che però riusciva ad arrivare "solamente" a 1 bilione di fotogrammi (pari a 1012).
Come funziona? Ovviamente niente di semplice e niente di simile alle classifiche fotocamere: un laser emette degli impulsi molto brevi della durata di un femtosecondo. A questo fascio di luce laser si associano una serie di ottiche e specchi complessi che riducono ulteriormente gli impulsi luminosi che poi possono creare l'immagine definitiva nella fotocamera. Con questo metodo è anche possibile acquisire informazioni su quattro dimensioni (4D) con un singolo scatto.
Comparazione tra T-CUP, Pump-Probe e CUSP (quello impiegato dalla fotocamera della notizia)
Ovviamente non si utilizzerà questa nuova fotocamera per i selfie. Il suo scopo, secondo l'ideatore è di puntare alla fisica fondamentale, propagazione delle onde elettromagnetiche, fusione nucleare, decadimento fluorescente delle molecole biologiche. A differenza del metodo pump-probe (o eccitazione e verifica), il metodo CUSP può essere impiegato per raccogliere immagini in tempo reale e quindi non necessariamente di fenomeni ripetibili.
Il lavoro di Wang e degli altri ricercatori è stato inserito in un articolo su Nature Communications dove è possibile trovare altri dettagli sulla tecnologia impiegata e sul suo impiego e sviluppo in particolare per capire l'evoluzione della fluorescenza e la relazione tra la concentrazione di fluorofori e la loro persistenza ad alte concentrazioni.