Venezia, Piazza San Marco. Ogni giorno migliaia di turisti la immortalano in nuovi scatti, e non è raro vedersi formare vere e proprie file di "fotografi" che desiderano sfruttare l'inquadratura migliore. Sempre la stessa. Lo stesso può accadere a Roma, Parigi, New York, e il risultato è una serie di foto sempre dannatamente simili che vengono poi pubblicate sui social, stampate o ammirate con particolare orgoglio.
Ma Camera Restricta, chiaro riferimento alla prima tipologia di macchina fotografica, vuole porre fine a tutto questo.
L'obiettivo del particolare concept disegnato da Philipp Schmitt è quello di impedire al fotografo della domenica di scattare foto banali, troppo usate ed abusate, e di cui se ne trovano in gran quantità all'interno dei vari motori di ricerca. Camera Restricta è un concept prototipale decisamente arguto che, più che volersi trasformare in prodotto per il mercato consumer, vuole far ragionare i suddetti fotografi prima di premere sul pulsante di scatto.
Gli algoritmi delle fotocamere tradizionali riescono a ottimizzare le impostazioni dello scatto o individuare eventuali volti o espressioni facciali presenti nell'inquadratura. La nuova fotocamera di Schmitt aggiunge una nuova funzionalità: dispone di GPS e di un modulo per collegarsi ad internet e, attraverso l'analisi dei dati ottenuti, impedisce all'utente di portare a termine l'esecuzione della fotografia.
Il prototipo valuta in un primo momento le coordinate geografiche e poi effettua una comparazione fra l'immagine dell'inquadratura con quelle disponibili online e "geotaggate" nelle vicinanze. Quando trova delle immagini simili con dati combacianti una grossa croce rossa impedirà di portare a compimento lo scatto.
"Camera Restricta potrebbe essere un prodotto tecnologico controverso", scrive il designer. "Permette di scattare solo fotografie uniche, impedendo all'utente di contribuire all'esubero di immagini digitali generiche".
Ma come funziona esattamente Camera Restricta? Il prototipo si basa sostanzialmente su un corpo stampato in 3D dall'aspetto piuttosto artigianale che ingloba una scheda elettronica per manovrare l'otturatore, mentre uno smartphone gestisce GPS e connessione dati, oltre che fungere da display. Il cellulare esegue anche una web-app in grado di analizzare i contenuti da Flickr e Panoramio, valutando tutte le foto scattate nel raggio di circa 35 metri.
Se il numero è oltre una certa soglia, una fotocellula montata davanti allo schermo manda un segnale ad un microcontrollore che blocca l'otturatore e impedisce lo scatto. Una tale funzionalità potrebbe essere implementata lato software su qualsiasi smartphone in commercio, senza dover disporre quindi di hardware aggiuntivo. L'obiettivo? Sempre lo stesso: evitare di riempire internet con foto tutte uguali, e dare quella soddisfazione in più quando si riesce a creare qualcosa di creativo e, soprattutto, di veramente unico.