Strana guerra a colpi di software, impensabile fino a 10 anni fa, quella che si sta consumando fra DJI e diversi team di sviluppo software, per alcuni malevolo e per altri liberatorio. DJI è il primo produttore al mondo di droni per il grande pubblico, molto diffusi fra gli appassionati e decisamente apprezzati per rapporto qualità-prezzo, in grado di regalare ottimi scatti e riprese aeree senza spingersi su modelli molto più costosi e iper-professionali.
Le cose però negli anni sono cambiate per quanto riguarda il margine di manovra possibile con i droni (DJI e non): nuove regolamentazioni, buonsenso e, forse, un eccesso di cautela, hanno portato i produttori (fra cui DJI) ad imporre no fly zone e limiti di velocità e altitudine ritenuti da alcuni troppo limitanti. Insomma, molti utenti si sono sentiti "defraudati" dal diritto di far volare il drone dove pare a loro (fonte: https://motherboard.vice.com/en_us/article/3knkgn/dji-is-locking-down-its-drones-against-a-growing-army-of-diy-hackers) , motivo per cui sono nati diversi gruppi di sviluppo amatoriale che hanno realizzato firmware e aggiornamenti vari in grado di togliere praticamente ogni limitazione.
Una dei primi a farlo, dietro compenso, è stata l'azienda russa Copersafe, che per circa 200 dollari vendeva un firmware che sbloccava completamente gli apparecchi DJI. E' bastato pochissimo tempo perché, tramite reverse engeneering, la comunità di appassionati realizzasse una versione free e liberamente scaricabile del software. A non andare a genio a parte dell'utenza non erano tanto le no fly zone legittime e comprensibili, come quelle su aeroporti e zone sensibili, quanto i limiti di altitudine e velocità, nonché no fly zone troppo ampie o ritenute senza senso.
Non ha senso secondo molti, insomma, vedersi enormemente ridotto il raggio di volo o l'altitudine raggiungibile, quando i droni in loro possesso hanno le potenzialità di farlo in tutta sicurezza e fino a poco tempo fa si poteva fare senza problemi. Tutti, probabilmente, hanno le proprie ragioni. Se da una parte è vero che DJI possa aver esagerato con i limiti, dall'altra è fuor di dubbio che la sicurezza viene prima di tutto, a costo di qualche rinuncia. Ecco perché DJI ha realizzato firmware e software sempre più difficili da scardinare, che verranno rilasciati tramite aggiornamento nonché sui droni venduti nei prossimi giorni.
Inizierà una "guerra" come quella dei rootkit sugli smartphone? In realtà la guerra c'è già, quindi non ci stupirebbe veder riproposto il botta e risposta fra l'azienda e la comunità di sviluppatori. Occorre però non perdere di vista un aspetto importante: i droni possono causare molti danni nelle mani sbagliate, e ci sono leggi sempre più restrittive perché son sempre di più gli incoscenti che fanno un uso improprio dei droni ("USA: fa volare il drone su un incendio impedendo gli interventi dei vigili del fuoco, arrestato").