Nato nel 2010, il Festival della Fotografia Etica di Lodi è ormai uno degli appuntamenti imperdibili dell'autunno fotografico e come ogni anno è in grado di proporre un impagabile connubio tra la fotografia e i temi che attraversano l'attualità a livello globale.
Festival della Fotografia Etica di Lodi: 15 anni di cultura
Il cambiamento climatico e le guerre (e le loro conseguenze a breve e lungo termine) ci vengono mostrate direttamente tramite le immagini di fotografi e fotoreporter internazionali, ma non solo, diversi lavori ci portano anche alla scoperta di tematiche meno trattate, ma di grande importanza e impatto emotivo. Un esempio è il lavoro sull'aborto di Kasia Strek, che ci mostra come anche in Europa oggi alcune leggi molto restrittive costringano donne a ricorrere a pratiche abortive clandestine, con la possibilità di mettere a rischio la propria salute e in alcuni casi la vita.
Questo è uno dei lavori portati alla ribalta dal World Report Award, il concorso internazionale del Festival di Lodi, che ha lo scopo di dare voce e supporto all’impegno sociale dei fotografi e si rivolge a tutti, italiani e stranieri, professionisti e non. Ospitata nella splendida cornice di Palazzo Barni, la mostra del World Report Award rappresenta uno dei cuori pulsanti del festival.
Mostra del World Press Photo Award 2024
Con essa anche la mostra del World Press Photo Award 2024, nella sede espositiva Bipielle Arte. grazie alla collaborazione tra FUJIFILM Corporation e World Press Photo Foundation, questa edizione del Festival, oltre alla mostra proporrà una serie di attività e appuntamenti per il pubblico, tra cui visite guidate e Talk con i vincitori del World Press Photo Award 2024, Rena Effendi, Pablo Piovano, Julia Kochetova e Alejandro Cegarra.
L'incontro con Rena Effendi e la sua ricerca della farfalla perduta
Nella giornata di inaugurazione del festival abbiamo avuto la fortuna di incontrare Rena Effendi, fotografa originaria dell'Azerbaijan, che abbiamo già incontrato tempo fa in occasione di premi come i Sony World Photography Awards. Rena ha ricevuto nell'edizione 2024 World Press Photo Award una menzione d'onore per il suo lavoro Looking for Satyrus, che riesce a mescolare in modo straordinario temi come la guerra, la conservazione dell'ambiente, il dialogo tra i popoli e la ricerca delle proprie radici.
La storia di questo lavoro è affascinante: tutto parte dalla ricerca di una farfalla la Satyrus effendi. Ai lettori più attenti non sarà sfuggita l'omonimia tra la fotografa e il lepidottero e tutto ciò non è un caso: il padre di Rena, Rustam Effendi, è stato infatti un entomologo specializzato nello studio delle farfalle. Un suo collega e amico aveva deciso, nello scoprire una nuova specie, di dargli il nome del ricercatore scomparso nel 1991.
Rena aveva solo 14 anni quando il padre è morto per un tumore e in quegli anni ha dovuto anche affrontare i grandissimi cambiamenti che ha affrontato il suo Paese alla dissoluzione dell'Unione Sovietica. Parlando al pubblico durante il festival di Lodi ha dichiarato: "Sono andata a dormire in un Paese e mi sono risvegliata in un altro".
La morte del padre è infatti coincisa con l'anno in cui è cominciata la guerra del Nagorno-Karabakh che ha visto per decenni fronteggiarsi Armenia e Azerbaijan con la conquista e riconquista di porzioni di territorio che una volta erano di libero passaggio e che sono stati il teatro della 'caccia alle farfalle' del padre di Rena. Per questo progetto fotografico Rena è andata a ripescare nella sua memoria i racconti del padre, quando le narrava dei suoi viaggi per studiare i lepidotteri e si è messa alla ricerca della Satyrus effendi, di cui non si era più avuta traccia, anche per la distruzione dell'ecosistema in cui viveva, a causa della guerra.
In particolare la zona di ricerca, ripercorrendo i passi del padre, è ricaduta sul confine tra Armenia e Nakhchivan, un'enclave azera completamente circondata da territorio armeno. Per arrivarvi la fotografa è dunque dovuta passare per il territorio dell'Armenia, chiedendo autorizzazioni a diversi ministeri (tra cui quello della Difesa) e presentandosi alla dogana armena dell'aeroporto con il suo passaporto azero, fatto che non avveniva praticamente da anni.
Rena racconta come l'assurdità del suo viaggio (visitare zone di conflitto non per documentare la guerra, ma per cercare una farfalla) sia stato il vero lasciapassare: sia dai ministeri, sia dalle autorità doganali (dopo naturalmente lunghi controlli) è arrivato il via libera con un sorriso. Paradossalmente, più le persone armene facevano domande sul viaggio e sulla caccia alle farfalle, più il conflitto passava in secondo piano, dimostrando come la guerra sia alla fine qualcosa di politico e calato dall'alto, e che le due popolazioni subiscono.
In questi anni le due culture, prima totalmente permeabili, sono state sigillate ognuna nel proprio Paese e l'esperienza di Rena è stata quella, a livello culinario - ad esempio - di ritrovare i piatti della propria tradizione, ma semplicemente con nomi leggermente diversi, altra testimonianza di come la guerra abbia diviso una comunità che prima viveva quasi ignara dei confini.
La ricerca della farfalla ha poi avuto anche altri ostacoli oltre all'attraversare zone di guerra, visto che l'habitat si trova a più di tremila metri di altitudine e che il periodo riproduttivo è di sole due settimane.
In questa sua ricerca Rena ha puntato il suo obiettivo soprattutto sulle persone che ha incontrato, tutte quelle che l'hanno aiutata a ritrovare le tracce di suo padre, portandola fino a incontrare il ricercatore che ha dato il nome del padre alla farfalla. Naturalmente ci sono anche scatti dell'ecosistema distrutto dalla guerra.
Rena scatta in pellicola con una Rolleiflex, ma il viaggio sarà raccontato anche in un documentario, finanziato da National Geography, che attualmente è in fase di post produzione. Per sapere se la ricerca della farfalla è andata a buon fine o meno, sarà necessario attendere il documentario, la fotografa, infatti, non ha voluto spoilerare nulla.
20 mostre, quasi mille immagini: il Festival è sempre ricco
Il programma del festival è ricco e fino al 27 ottobre permetterà non solo di visitare le diverse mostre, ma anche di dare l'opportunità a tutti di incontrare fotografi e fotografe del calibro di Rena Effendi e di sentire le storie dietro i loro lavori direttamente dalla loro voce.
Oltre 20 mostre, quasi 150 fotografi da 40 paesi diversi e 5 continenti, quasi un migliaio di immagini esposte. Questi numeri della quindicesima edizione del Festival della Fotografia Etica di Lodi.
Trovate tutte le informazioni e i dettagli sul sito del festival: www.festivaldellafotografiaetica.it