Riconoscimento ''facciale'' per gli animali: per una filiera più controllata e non solo

Riconoscimento ''facciale'' per gli animali: per una filiera più controllata e non solo

di Carlo Pisani, pubblicata il

“Saltato a piedi pari il concetto di privacy, che non esiste per gli animali, molte aziende stanno sviluppando l'identificazione di ogni singolo essere vivente attraverso immagini in grado di acquisire ogni minimo dettaglio fisico, senza grossi problemi nello spaziare dal riconoscere un animale all'interno di una mandria o di un inquilino di un pollaio”

Sempre più diffusa la tecnologia del riconoscimento facciale applicata in vari campi, ai fini della sicurezza, per sbloccare il nostro smartphone, per ottimizzare le nostre foto e di recente, con il boom degli operatori telefonici virtuali mobile, mezzo per porre il proprio consenso a contratti e richieste: diverse altre applicazioni però portano tale tecnologia ad essere utilizzata non per identificare facce bensì musi, con ampie applicazione a tutto il regno animale.

Saltato a piedi pari il concetto di privacy, che non esiste per gli animali, tramite un'accurata ricerca del sito ilpost.it, veniamo a conoscenza che molte aziende, impegnate in questo settore, stanno sviluppando l'identificazione di ogni singolo essere vivente attraverso immagini in grado di acquisire ogni minimo dettaglio fisico, senza grossi problemi nello spaziare dal riconoscere un animale all'interno di una mandria o di un inquilino di un pollaio.

Ad esempio in Norvegia tale tecnologia del riconoscimento "facciale" è stata applicata per monitorare banchi di salmoni atlantici, andando ad esaminare, ipotizziamo non pesce per pesce ma in questo specifico caso a campione, lo stato di salute dell'intero gruppo, evidenziando i primi sintomi di possibili malattie in grado di decimare questi pesci, riuscendo così a fornire ai ricercatori ed agli allevatori ittici, dati importanti per la loro salvaguardia e coltura.

Dalla Cina invece arriva un sistema ancora più fitto e maggiormente legato al consumatore finale, si chiama GoGo Chicken, sviluppato dalla compagnia di assicurazioni cinese ZhongAn Online. In questo caso parliamo di una tecnologia in grado di identificare nell'allevamento ogni singolo pollo, tracciarne la crescita e successiva macellazione, fornendo in maniera molto diretta un'infinità di dati che potrebbero interessare al consumatore finale per saggiarne la qualità del prodotto: luogo di nascita, mangime utilizzato e informazioni sanitarie, non dell'intero allevamento ma bensì del singolo pollo appena acquistato.

Dagli Stati Uniti invece arriva il progetto di Cargill, multinazionali del settore alimentare d'oltreoceano, tramite una partnership con l’azienda irlandese Cainthus, sta sviluppando sistemi di riconoscimento "facciale" per i bovini riuscendo ad identificare correttamente ogni singolo muso, monitorando ad esempio per quanto tempo bevono e mangiano, oppure identificare comportamenti strani, ricorrenti negli animali da allevamento soprattutto se di tipo intensivo.

In Africa invece, sono attivi molti sistemi che stanno iniziando a sfruttare la tecnologia del riconoscimento facciale, non legati al settore dell'allevamento ma per quello della conservazione delle specie animali, ad esempio monitorando sul territorio leoni, elefanti e giraffe, tracciandone spostamenti e stili di vita.

Insomma un vero è proprio "Grande Fratello" del regno animale pensato per ottimizzare l'allevamento, monitorare lo stato di salute degli animali e prevenire situazioni problematiche, sia dal punto di vista alimentare e speriamo anche dal punto di vista gestionale, per una maggiore qualità delle condizioni degli animali per tutta la loro vita.


Commenti (3)

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Commento # 1 di: lemuel pubblicato il 24 Ottobre 2018, 02:18
Faccia di .......

Premesso che sono "moderatamente" carnivoro (meno di una porzione a settimana), questa notizia, pur sorprendendomi per la precoce attivazione della problematica del riconoscimento degli animali, eppure non riesce a darmi una ragione etica.
Quando ero bambino, ricordo benissimo i polli ruspanti nei pollai con la contadina che spargeva il becchime di granoturco, oppure conigli in libertà, maiali nel porcile che anch'essi razzolavano sulle aie e nei recinti campestri, cavalli che trainavano con pazienza e filosofia carretti di contadini con la zappa in spalla e il cane dietro al guinzaglio, oppure mucche che entravano silenti nelle povere case di pietra ove condividevano le pareti con gli umani, sia pure al piano basso.
Oggi invece basta accendere la TV e seguire servizi, documentari, inchieste, come quelle di Report o di altro titolo, per rendersi conto del grado assurdo di sfruttamento degli animali, dei vegetali, dell'ambiente, del mare, ecc.
Si assiste talvolta a episodi di gratuita e brutale crudeltà, ai limiti della barbarie, nei confronti degli animali e della natura.
Quello che maggiormente duole però è l'ipocrisia di coloro che fanno questo in nome del "progresso" più o meno "pseudoscientifico".
Insomma, i nostri supermercati sono pieni di delizie alimentari, ma il grado di crudeltà che questa apparenza nasconde è indescrivibile.
Ieri in TV si parlava di Mucche biologiche, in allevamenti biologici, tutte in piedi in stalle fatiscenti con le zampe nel fango merdoso.
Eppure c'erano fuori i campi con l'erba da brucare.
La risposta degli agricoltori intervistati? "Gli animali si stancano a gironzolare, stanno meglio qui a riposo". E intanto con il "biologico" si cuccano gli aiuti economici dell'Europa (ma che razza di Europa!).
Insomma, piuttosto che procedere alla identificazione degli animali, vorrei che si procedesse alla identificazioni di queste facce da .....
Capisco che da millenni si mangia carne.
Ma un conto è seguire una tradizione, sia pure arcaica e non certo benevola, ma che almeno lascia campare gli animali in pace fino al giorno del nostro "banchetto", un altro è aprire milioni di campi di "concentramento" per animali allevati e sfruttati, ora pure identificati con tanto di scheda, come giustamente si fa anche per i "carcerati", per vedere se "rendono" bene alle tasche degli allevatori, e magari selezionare meglio quelli da mandare in anticipo ai "Forni crepatori".
Insomma, alla crudeltà anche la beffa tecnologico-informatica.
Ma finiamola con questo assurdo sfruttamento della natura ai fini del profitto.
Non ci basta il metano che questi poveri animali emettono per campare a milioni, per ingrassare con gli ormoni, per fare una vita grama, e per finire a decorare gli scaffali dei supermercati?
E non ci basta tutto il grano, granoturco e altri vegetali per allevarli così crudelmente, quando con 10 chili di vegetali si alimenta solo un chilo a malapena di carne? E anche meno?
Mentre invece con quei dieci chili di vegetali si darebbe da mangiare a molta più gente che con un solo chilo di carne?
Ma allora, se così fosse, dove starebbe il guadagno?
Dove starebbe il profitto?
Ecco, è tutto qui.
E intanto facciamo anche il riconoscimento facciale agli animali.
E quando agli insetti, alle zanzare?
E quando ai pesci nel mare?
E quando ai semi, alle foglie, ai fiori, agli alberi?
E quando alle molecole, agli atomi, ai quark, alle stringhe?
Insomma, dov'è il limite umanamente "sensato" a questi assurdi estremi?
Commento # 2 di: omerook pubblicato il 24 Ottobre 2018, 08:07
Una porzione a settimana per 7 miliardi fa tanta roba. I carnivori indignati non si possono sentire
Commento # 3 di: CYRANO pubblicato il 24 Ottobre 2018, 08:07
Software di riconoscimento facciale degli animali in un'azienda produttrice di mortadelle, animali ritenuti idonei : maiale, asino, cavallo, mulo, cane, gatto, pollo, tacchino, piccione, gabbiano, ratto,nutria.




Còmsò,òmsòss