Le scimmie non possono avere il diritto d'autore per gli scatti o gli autoscatti che eseguono. È questo il primo verdetto di un giudice federale di San Francisco chiamato a valutare il caso, ormai famosissimo, del monkey selfie. Ne parlavamo lo scorso settembre in cui si erano scontrati il fotografo David Slater, lo stesso che aveva pubblicato le fotografie, e il gruppo animalista PETA.
Riassumiamo brevemente il caso: nel 2011 Slater preparava un set fotografico a Sulawesi cercando di indurre i macachi abitanti dell'isola ad effettuarsi un autoscatto, un selfie. Riuscito nell'intento, il fotografo pubblicava le curiose e divertenti immagini nel libro chiamato Wildlife Personalities. È qui che inizia l'iter giudiziario di Slater, accusato dalla PETA per aver violato i diritti d'autore del simpatico macaco Naruto.
Naruto in uno degli scatti incriminati
Divenuta famosa, la foto nel frattempo era stata pubblicata su Wikipedia senza il consenso di Slater, con il fotografo che aveva accusato la società Wikimedia di violazione di diritti d'autore. Erano quindi tre le possibili conclusioni del caso: lo scatto poteva appartenere al fotografo, poteva appartenere al macaco o poteva non appartenere a nessuno, e chiunque avrebbe potuto utilizzare le fotografie dei macachi.
William Orrick, chiamato a valutare la disputa fra la PETA e Slater, ha dichiarato di voler respingere il caso visto che la legge federale sul copyright non consente agli animali di detenere alcun diritto d'autore. La PETA aveva denunciato il fotografo nel 2015 sostenendo che fosse stato Naruto a premere di proposito il pulsante di scatto capendone autonomamente il funzionamento. Ma questo non basta.
Insomma quella di un animale, per quanto consapevole, non può essere considerata arte. Verdetto prevedibile? Indubbiamente, ma ciò non ha evitato uno dei processi più bizzarri nell'ambito della fotografia, in cui si è dibattuto sul sesso dei macachi immortalati per capire se si trattasse in tutti i casi di Naruto o meno. Nonostante Orrick abbia respinto il caso, il giudice ha dato il permesso alla PETA di presentare una querela rettificata, e il gruppo animalista ha già accettato di farlo.