Ricondivisioni, re-post, immagini scaricate e poi ricaricate sul proprio profilo: è molto difficile stabilire e risalire all'origine di un'immagine. Ogni giorno sono oltre 350 milioni le immagini condivise dal miliardo di utenti che popola Facebook; a questo numero va aggiunto quello delle immagini caricate su Flickr, Instagram, Google+, Tumblr o Pinterest. Il tutto con numeri in continua crescita. La ricondivisione di immagini senza il consenso dell'autore, magari addirittura con scopi di lucro è uno dei problemi che i gestori dei social network si trovano giornalmente a dover affrontare, con pochi mezzi a disposizione per contrastare gli eventuali abusi.
Una tecnologia messa a punto dal Politecnico di Torino potrebbe oggi però contribuire a risolvere questo problema. Ogni fotocamera è infatti un insieme unico e irripetibile di diverse componenti, tale da imprimere nelle immagini una sorta di impronta digitale dell'apparecchio che ha scattato l'immagine. Come comunica il Politecnico di Torino, il progetto di ricerca "ToothPic - A large-scale camera identification system based on compressed fingerprints" ha lo scopo di dimostrare che tale impronta digitale può essere utilizzata per gestire efficacemente l’enorme quantità di foto presenti su Internet. Il progetto, coordinato dal prof. Enrico Magli del Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni (DET) del Politecnico riceverà dall’Unione Europea un finanziamento di 150 mila euro circa nell’ambito del bando ERC - Proof of Concept, riservato a progetti di eccellenza scientifica che prevedano la realizzazione di applicazioni commerciali e sociali a partire da progetti ERC precedentemente finanziati.
L’obiettivo del progetto è quello di realizzare un motore di ricerca che sia in grado di rintracciaretutte le foto scattate dalla stessa macchina
L’obiettivo del progetto è quello di realizzare un motore di ricerca che, data una macchina fotografica o una foto da essa scattata, sia in grado di rintracciare, scandagliando la rete, tutte le foto scattate da quella stessa macchina. Alla base del progetto c'è una tecnologia sviluppata dai ricercatori del Politecnico di Torino nell’ambito di un progetto ERC Starting Grant: la chiave della tecnologia è la compressione delle impronte digitali della fotocamera. Se dovesse dimostrare un buon funzionamento, la tecnologia potrebbe abbattere una delle diffidenze maggiori che i fotografi incontrano condividendo le immagini in rete, magari anche liberandoci dagli ingombranti watermark che spesso sono una delle poche vie per proteggere le proprie foto. Il comunicato indica che il motore di ricerca verrà validato su un database di impronte digitali ottenute scaricando fotografie da Flickr.
La tecnologia funziona con tutti i sistemi che scattano fotografie digitali, smartphone compresi: sono i piccoli difetti di fabbricazione dei sensori che creano queste impronte. In fase di produzione, infatti, non tutti i pixel sono perfetti e perfettamente uguali tra loro: la tecnologia del PoliTo è in grado di ricavare e mappare queste differenze, dando a ogni sensore la sua carta d'identità. Come approfondimento abbiamo girato ai ricercatori la domanda: "Come si comporta la tecnologia di riconoscimento delle 'impronte digitali' dei sensori se le immagini dopo lo scatto vengono elaborate o manipolate?". Rimanete sintonizzati per saperne di più.