"Una antica leggenda narra che sia possibile mangiare il cibo anche senza fotografarlo prima" è un simpatico meme che ogni tanto circola sui social network per stigmatizzare l'ormai diffusissima moda (o piaga, a seconda dei punti di vista) di immortalare il nostro pasto e condividerlo su Instagram, Pinterest, Facebook e simili.
Presto però tutto ciò potrebbe rappresentare un tassello fondamentale nel mondo della ricerca grazie ad un nuovo progetto che Google ha presentato di recente al Rework Deep Learning Summit di Boston: Kevin Murphy, research scientist per l'azienda di Mountain View, ha svelato Im2Calories, un sistema in grado di calcolare le calorie di un alimento o di un piatto semplicemente analizzandone la foto.
Basandosi su algoritmi di deep-learning, tecniche di analisi visuale e di riconoscimento di pattern, il sistema riconosce gli alimenti presenti in un piatto, li relaziona tra loro e con il piatto di portata per stimarne le dimensioni e infine ne calcola le calorie. Murphy spiega che l'idea di base è mettere a punto un sistema che permetta di semplificare la stesura di un diario alimentare, senza che sia necessario dover inserire manualmente in un'app i dettagli di tutto ciò che mangiamo specie quando vi sono parametri di difficile misurazione (ad esempio quando si è fuori casa) come la quantità assunta. Il sistema prevede inoltre la possibilità di intervento dell'utente, il quale potrà correggere l'applicazione qualora non riuscisse ad identificare con esattezza un alimento.
Lo scopo della realizzazione dei sistemi deep learning è far sì che sia possibile ridurre il tempo speso ad "istruire" un software per migliorarne le prestazioni: nel caso specifico Im2Calories identifica un hamburger perché i pixel nell'immagine sono caratterizzati da pattern e ricorrenze che richiamano quelli riscontrati in altre foto di hamburger e non perché qualcuno abbia a priori "insegnato" al programma come fare per riconoscere un hamburger. Da ciò si evince, inoltre, che il sistema aumenta la propria accuratezza quanto più viene utilizzato, sia in termini di tempo effettivo, sia in termini di base utenti. E l'ulteriore aspetto interessante è la possibilità di utilizzare comunissimi scatti e fotografie senza dover ricorrere ad immagini ad alta risoluzione.
"Per me è ovvio pensare che le persone vogliano davvero tutto ciò e che questo sia realmente utile. Forse riusciremo a ridurre l'introito di calorie del 20%, ma non ha molta importanza. Inizieremo invece ad avere una media settimanale, mensile o annuale e possiamo iniziare a relazionare tra loro informazioni provenienti da vari e differenti individui per poter tracciare una serie di statistiche. I miei colleghi che lavorano nel campo epidemiologico e della salute pubblica vogliono davvero tutto questo" ha commentato Murphy.
Il progetto è per ora solo in fase sperimentale e non è dato sapere quando e se verrà reso di pubblico dominio. In realtà gli sviluppi di questo genere di tecnologia possono essere di tutt'altra portata e anche di maggior utilità alla stessa Google. Murphy infatti suggerisce: "Se possiamo fare questo con il cibo, abbiamo una killer app. Possiamo supporre, ad esempio, di effettuare analisi di scenari stradali: non vogliamo dire se ci sono auto in un dato incrocio, ma magari enumerarle, capire la loro direzione, analizzare il traffico e prevedere quali parcheggi saranno liberi. Tutto questo si impara analizzando i dati: la tecnologia è la stessa, basta cambiare i dati di origine".